Bolzano: il suono asciutto di Blacher

Sarà la vicinanza al confine austriaco, sarà la dimensione cameristica dell’organico, ma l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento è probabilmente una delle formazioni italiane più convincenti quando si tratta di mettere sui leggii dell’orchestra le parti dei lavori sinfonici di Ludwig van Beethoven.

Il programma di questa sera all’Auditorium di via Dante prevede il celebre Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61 e la Sinfonia n.2 op.36 nella medesima tonalità, in sostituzione della annunciata versione per orchestra d’archi della Grande Fuga op.133. Protagonista nella duplice veste di solista e direttore Kolja Blacher, il celebre sessantenne musicista berlinese.

Fin dalla lunga introduzione capiamo di trovarci al cospetto di una lettura del concerto tutt’altro che ordinaria: l’orchestra guidata da Blacher ha l’argento vivo addosso e sprigiona un’elettricità fuori dal comune per una pagina che nell’immaginario comune e nella storia dell’interpretazione è intesa più spesso sotto un punto di vista lirico ed orientata verso una grande cantabilità. Sia primo che secondo soggetto del primo movimento sono estremamente affini dal punto di vista espressivo, una delle tante eccezioni che Beethoven fa alla forma sonata che era la base strutturale per tutti i primi movimenti di sonate, sinfonie e concerti. Blacher invece imposta tutta la sua lettura su un suono asciutto e denso senza concedersi a parentesi liriche in un serrato susseguirsi di frasi ed episodi. L’orchestra si presta benissimo a questa rischiosa lettura e restituisce in sala un bel suono in tutto lo spettro dinamico che va dal pianissimo al fortissimo. Unica piccola pecca, ormai nota a chi frequenta l’Auditorium bolzanino, è la leggera saturazione della sala nei passaggi più forti, ma che non inficia affatto l’ottima esecuzione. Blacher al violino è ineccepibile anche nei passaggi più ardui e infìdi riuscendo a seguire con grande attenzione e partecipazione tutti gli attacchi dell’orchestra. Forse però alla fine del concerto, dopo l’ispirato Larghetto e il danzante Rondò, un po’ di distensione manca, tutto forse è un troppo serrato e urgente. Un maggior respiro avrebbe favorito una narrazione con maggiormente chiaroscurata e più avvincente. La sala tuttavia ha apprezzato con grande trasporto l’energica esecuzione del concerto. Una curiosità sulla cadenza del primo movimento: Blacher ha eseguito la cadenza che Beethoven aveva scritto per la versione per pianoforte e orchestra dell’op.61, composta su richiesta di Muzio Clementi. La cadenza in questione, con timpani obbligati, è stata poi adattata per violino dalla versione originale per pianoforte.

Dopo l’intervallo di ordinanza Blacher, questa volta in veste di direttore, è alle prese con la seconda sinfonia del compositore di Bonn. L’idea sottesa all’esecuzione è la medesima ma con risultati leggermente diversi: il carattere della sinfonia, nonostante abbia la medesima tonalità d’impianto, è ben diverso da quello del concerto: il lirismo è qui sostituito da una luminosa energia che pensiamo si adatti meglio al taglio interpretativo del musicista berlinese. Sempre molto partecipe l’orchestra cui va un particolare plauso alle sezioni degli archi e ai corni, alle prese con una scrittura decisamente scomoda e rischiosa per gli strumenti moderni; qualche impercettibile esitazione di intonazione invece nei legni acuti.

Soddisfatto anche qui il pubblico che sembra non voglia congedare i musicisti dopo un concerto che anche questa volta meritava il lungo viaggio affrontato per essere presente in sala.

Luca Di Giulio
(18 aprile 2023)

La locandina

Direttore e solista Kolja Blacher
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Programma:
Ludwig van Beethoven
Concerto per violino e orchestra in re maggiore, op. 61
Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 36

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