Laura Catrani: la libertà della voce

In questi mesi, Laura Catrani sta percorrendo l’Italia in molte tappe con il suo spettacolo Vox in Bestia sugli animali della Divina Commedia (qui la recensione), creato per onorare il settimo centenario della morte di Dante Alighieri. Quindici piccoli brani che il soprano ha commissionato a tre compositori d’oggi (Fabrizio de Rossi Re per l’Inferno, Matteo Franceschini per il Purgatorio, Alessandro Solbiati per il Paradiso), così come a Tiziano Scarpa ha chiesto i brevi icastici testi che li introducono e a Gianluigi Toccafondo le evocative animazioni video proiettate durante i concerti. Ad alcuni appuntamenti partecipa anche Peppe Frana alla chitarra elettrica.

Il progetto, diffuso dapprima su Rai Radio 3, ha avuto molto successo di pubblico e di critica, oltre a un riconoscimento importante: è stato infatti nominato per concorrere al Prix Europa, che si terrà a metà ottobre, nella Radio Music Category rivolta a «innovative formats and concepts of communicating music to audiences», che si concentra su «how to open new doors for audiences to hearing music». Il cd di Vox in Bestia, con la serie completa dei brani, sarà pubblicato prossimamente da Stradivarius.

Già da questa iniziativa si coglie il profilo singolare del soprano riminese che, pur frequentando i palcoscenici della lirica, ama in modo speciale la dimensione più libera e creativa del recital, dove compie scelte raffinate di brani del passato e del presente: come in Vox in Femina, un percorso nella voce femminile da Hildegard von Bingen a oggi, che ha preceduto Vox in Bestia, in Highlands and Sea con il clavicembalista e organista Claudio Astronio, con il quale ha anche inciso per Ulysses Arts, o nel nuovo progetto Virtuosissima sirena, dedicato alla cantante e compositrice Barbara Strozzi, che si potrà ascoltare dal prossimo mese di gennaio.

Versatile e brillante, con un talento d’attrice che ha plasmato anche presso la Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano, Laura Catrani possiede doti vocali e interpretative di prim’ordine: tecnica rifinita, bel timbro, ricca tavolozza di colori, fluide agilità, duttilità e sicura proprietà stilistica. A fianco dell’attività strettamente musicale, in anni recenti ha approfondito la competenza nella GYROKINESIS®, una disciplina rivolta al corpo e alla mente di cui fa pratica quotidiana, di cui è trainer diplomata e che insegna in vari corsi: il beneficio che se ne trae nell’esecuzione della musica, assicura, è evidente. Anche questo è tra gli argomenti che abbiamo toccato nella nostra intervista, in un assolato giorno d’estate, sedute al tavolino di un tranquillo caffè nel centro storico di Ravenna.

  • Laura Catrani, su quali basi si è sviluppata la tua fisionomia di interprete?

Al Conservatorio di Milano ho conseguito il diploma in canto lirico e quello in musica vocale da camera: è a partire da quest’ultimo che si è creata la mia identità, perché mi ha dato l’opportunità di crescere in un repertorio che è, tra l’altro, estremamente vasto perché va dal recitar cantando di Monteverdi fino alla musica dei giorni nostri; salta a piè pari la produzione operistica, ma non gli autori d’opera: pensiamo per esempio ai brani da camera di Verdi, di Bellini, di Rossini. Quando ero giovane mi è capitato di affrontare recital di arie d’opera e non sentirmi a mio agio: non erano i miei vestiti. Trovo invece nei concerti di musica vocale da camera, liederistica compresa, il divertimento, il piacere di far sentire la bellezza di quel repertorio.

  • Le scene dell’opera, peraltro, a volte le calchi, e ti sei distinta soprattutto nei titoli del Settecento e in particolare di Mozart. Come ti senti all’interno di quel mondo?

Trovo molte differenze in me tra quando canto l’opera e quando tengo uno dei miei concerti, quando genero un prodotto artistico mio. L’opera è un organismo molto complesso, è una macchina sorprendente fatta di moltissime piccole parti che si incastrano e di cui il cantante è uno dei tanti ingranaggi, anche se tra quelli alla ribalta. Quando lavoro ai miei progetti, invece, vivo un’assoluta libertà perché posso anche svegliarmi la mattina e dire: questa cosa la cambio, questa la sposto, non entro facendo questa cosa ma quest’altra. È una libertà che nel mondo dell’opera non ci si può permettere e forse la mia natura vive e respira meglio così. E credo, ma questa è una scoperta molto recente, che Vox in Bestia stia segnando un cambio di passo per me come interprete, un’evoluzione sulla strada della mia crescita, della mia ricerca.

  • Sotto quali punti di vista?

Prima non avevo mai pensato consapevolmente che avrei potuto immaginare, organizzare, gestire e anche sostenere economicamente un mio progetto, anche se nel corso degli anni ho fatto delle cose mie: ricordo per esempio Il cappello a sonagli. Ovvero la donna e la poetica della follia tanti anni fa, nel 2009, un progetto per voce, pianoforte e immagini video; poi, naturalmente, Vox in Femina, il mio primo concerto/esperimento per voce sola, senza accompagnamento strumentale. Ma non avevo capito davvero le potenzialità di queste realizzazioni; probabilmente io stessa dovevo maturare, dovevo capire certi meccanismi e forse anche fare un mio percorso di studi. Anche studi vocali, perché ho cambiato molti maestri, ma l’ultimo a cui sono approdata, Fernando Cordeiro Opa che cito con grande affetto, è colui che mi ha rivelato con sicurezza la mia natura vocale, che mi permette di saltare, senza farmi male e senza paura, dal repertorio antico a quello contemporaneo, da quello da camera dell’Ottocento all’opera del Settecento. Naturalmente so che non posso fare tutto bene, ed è sano e giusto che io definisca il repertorio che sono in grado di interpretare nel modo migliore.

  • Ti sei calata quindi nel ruolo di committente, non di interprete ingaggiata da altri.

Finora mi era sempre capitato di essere coinvolta da compositori o da direttori artistici, di far parte di un progetto; invece questa volta possedevo io le coordinate e ho commissionato i brani per voce sola ai compositori, ho coinvolto uno scrittore Premio Strega, un nome noto nel panorama della letteratura italiana e anche internazionale, ho proposto il format in quindici puntate a Rai Radio 3 e ho anche gestito in prima persona la produzione e la realizzazione dei concerti. Insomma, è stata una piccola rivoluzione per una singola cantante. In tutto questo, mi sono resa conto purtroppo che per molte persone è difficile digerire che una donna possa avere un’idea bella, che possa coordinare un team di uomini, che sia il capo. Dopo diversi malintesi e riscontri negativi, ho sentito il dovere morale di sottolineare che il progetto è mio e ho inserito come sottotitolo «un progetto di Laura Catrani»; non tanto per me, ma per far sì che cose come questa diventino normali, in quello che dovrebbe essere un moto generale per un equilibrio tra i generi.

  • Intendi proseguire su questa strada, perciò?

Sì, certo, un po’ perché mi sto divertendo molto, ma anche perché ho delle idee e le voglio mettere in pratica. Il progetto che realizzerò a partire da gennaio 2022 sarà Virtuosissima sirena, dedicato a Barbara Strozzi, soprano e compositrice, di cui scriverò anche i testi assieme a Guido Barbieri che inoltre si occuperà della drammaturgia; lo eseguirò con l’Accademia dell’Annunciata diretta da Riccardo Doni. Ma nel frattempo mi occupo anche di altre cose bellissime. Per dirne una, dal 2017 tengo in Conservatorio a Milano un workshop che si chiama Il teatro della voce: una proposta che a suo tempo feci alla direttrice del Conservatorio, Cristina Frosini, la quale ha aderito con entusiasmo. Io, cantante, con l’esperienza che ho accumulato, insegno come mettere il corpo, lo strumento fisico, al centro del lavoro di esecuzione. Mio referente è il compositore Gabriele Manca, che insegna in Conservatorio; sotto la nostra supervisione, gli allievi compositori del workshop producono dei brevi monologhi in musica che vengono poi eseguiti dagli allievi cantanti del workshop. Questo percorso confluisce già da tre anni nel Festival Milano Musica, che accoglie in un concerto i lavori del Teatro della voce. Mi sembra giusto che il mio lavoro di artista comprenda una parte didattica, dove metto in condivisione la mia esperienza, e dall’altra invece proceda nel fare, nel produrre. Così mi sento alla fine viva e giusta.

  • Tu tieni anche corsi di GYROKINESIS®. Di che cosa si tratta esattamente?

È una disciplina olistica nata dall’intuizione di Juliu Horvath, un danzatore di origine ungherese che per un infortunio ha dovuto smettere di danzare; ha creato questo metodo prima per curare se stesso e gli altri danzatori con problemi simili, poi ha aperto a tutte le persone che vogliano provare a fare questa esperienza. La GYROKINESIS® educa il movimento allenando e rafforzando i muscoli e allineando la postura, ma aiuta anche a entrare in contatto con il proprio pensiero, con l’energia e la respirazione. Nel 2019 in Germania sono diventata trainer, insegnante certificata, e ora tengo dei corsi specificamente rivolti a strumentisti e cantanti; presto ne farò uno a Parma per i giovani dell’Accademia Verdiana. Quest’anno ho insegnato GYROKINESIS® in Conservatorio a Milano, riuscendo a tenere le lezioni in presenza durante la pandemia, e in tre mesi ho visto i miei allievi cambiare, ho visto i loro corpi allungarsi e diventare più flessibili, più morbidi, e ho saputo che ne traevano vantaggio anche durante lo studio della musica e nelle esecuzioni. Io la pratico quotidianamente e devo dire che sta entrando prepotentemente in ogni aspetto artistico e musicale della mia vita.

Patrizia Luppi

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