Venezia: Il Suono come eredità. Saariaho incontra il Nō

L’eredità del Suono, inteso come elemento fondante della natura umana, e la sua persistenza anche quando la sua “fisicità” viene meno costituisce il punto di partenza – ed in certa qual maniera anche quello di arrivo – di Only the Sound remains, composta nel 2016 e che la Biennale Musica presenta nella nuova versione 2021.

I testi del libretto sono tratti dal repertorio del teatro Nō che Ezra Pound, riprendendo il lavoro di Ernest Fennellosa, tradusse in inglese sono un esempio paradigmatico dell’incontro felice tra culture ed estetiche differenti che si assimilano reciprocamente dando vita a forme nuove.

Le due parti di cui si compone l’opera derivano da altrettanti drammi tra di loro in qualche modo complementari nei contenuti ma uniti dal concetto di “distacco” inteso come passaggio ad altro ma anche in un’atmosfera di “lascito”.

Se in Always strong – tratta da Tsunemasa – la voce è quella di un eroe morto in battaglia e quella del suo liuto che però resta muto, nel Manto di piume il suono si fa danza – quella del Tennin che senza il suo mantello fatato non può tornare al suo cielo – e viene lasciata in eredità ad Hakuryo che la richiede come riscatto dell’indumento magico.
“Il dubbio è per i mortali; – dice lo spirito celeste – con noi non esiste inganno”: questa è in fondo la summa concettuale di tutto. Disillusione e Speranza unite a costituire un’eredità nuova e potenzialmente eterna.

La musica della Saariaho ha ancora una volta il potere di coinvolgere, avvolgendo progressivamente l’ascoltatore in un dedalo di invenzioni sonore che nella loro apparente semplicità vanno rivelando strutture tanto complesse quanto intellegibili.

Tra le due parti e Il manto di piume a beneficiare di una scrittura maggiormente articolata, mentre Always strong riluce per immediatezza. L’elettronica ­– affidata a Christophe Lebreton, Timo Kurkikangas e David Poissonnier – è impiegata con meravigliosa oculatezza e quasi sempre a sostegno delle voci –mentre gli strumenti, con le percussioni e i flauti su tutto, beneficiano di un’ariosa liberta espressiva.

Lo spettacolo concepito da Aleksi Barrière e Étienne Exbrayat lavora per sottrazione – in piena aderenza al dettato del Nō – esaltando attraverso l’essenzialità quasi estrema degli elementi scenici una rarefazione del movimento capace di suggerire senza descrivere.

Di grande efficacia le coreografie di Kaiji Moriyama, che ne è anche interprete intenso.

Clement Mao-Takacs concerta con partecipata energia, disegnando la musica attraverso un gesto che in più di un momento risulta assimilabile a quello del pennello sulla carta di riso a tracciare ideogrammi sonori.

Straordinariamente bravi il controtenore Michał Sławecki – Spirito e Tennin – e il baritono Bryan Murray nel doppio ruolo del Sacerdote e di Hakuryo, entrambi capaci di abbracciare completamente la narrazione musicale ma al contempo abbandonandosi ad essa.

Molto bene anche il Theatre of Voices, il quartetto vocale in buca, composto da Else Torp, Iris Oja, Paul Bentley-Angell, Jakob Bloch Jespersen.

Successo convinto per tutti e ovazione per la Saarihao.

Alessandro Cammarano
(18 settembre 2021)

La locandina

Direttore Clement Mao-Takacs
Regia, scene, costumi Aleksi Barrière
Scene, costumi, disegno luci Étienne Exbrayat
Coreografia Kaiji Moriyama
Design del suono Christophe Lebreton
Ingegnere del suono Timo Kurkikangas
Assistente ingegnere del suono David Poissonnier
Solisti Michał Sławecki controtenore, Bryan Murray baritono, Kaiji Moriyama danza
Theatre of Voices Else Torp soprano, Iris Oja mezzosoprano, Paul Bentley-Angell tenore, Jakob Bloch Jespersen basso
Strumentisti Marco Thèves violino, Léo Marillier violino, Yuko Hara viola, Dima Tsypkin violoncello, Eija Kankaanranta kantele, Camilla Hoitenga flauto, Mitsunori Kambe percussioni

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21 Settembre 2021 14:02

[…] del Theatre of Voices – già applaudti e strabravi interpreti dell’opera di Kaija Saarihao (qui la recensione) la sera precedente – programmato a Ca’ […]