Madrid: Arabella e i dilemmi d’Amore

Questo allestimento di Arabella poggia su due grandi pilastri, due fattori principali che dettano tutto. Il primo è Amore, quella parola di quattro lettere che governa i destini di molte delle azioni che compiono gli esseri umani e anche quelli che non sono così umani. La ricerca della felicità è qualcosa che ossessiona le persone da secoli e tutti siamo caduti nella tentazione e molto probabilmente nell’errore di associarla all’amore. L’appassionata Arabella ripone la sua fiducia nel futuro in una sola premessa: trovare l’amore della sua vita. E a parte il fatto che oltre a concepire la sua vita accanto al suo essere amato e ideale, la vede anche come un affare economico che salva la sua famiglia dalla rovina in cui è sprofondata, dona più dell’amore stesso all’attività trovarlo così pesante, che si direbbe che costituisce la sua unica ragione di vita. Non è l’unica che ha provato, testato, raccolto e selezionato quel sentimento tra varie opzioni, l’abbiamo fatto tutti, alcuni di noi hanno sbagliato più di altri. Ma alla fine ci abbiamo provato. Per la nostra protagonista, in linea di principio, l’uomo perfetto deve avere una buona dotazione di denaro e una posizione sociale che la collochi in un luogo sicuro e confortevole, ma poi cade preda di quella passione che offusca la ragione e ti fa rimanere prigioniero solo di ciò che ti senti e mai di ciò che dovresti sentire. L’amore in questa storia si conclude con una promessa che viene simboleggiata in un bicchiere d’acqua che lei gli fa per chiedergli di sposarla e suggellare il loro impegno e che inevitabilmente fa pensare se quel liquido non serva piuttosto a lavare via quel grande peccato che è l’amore.

E il secondo elemento più importante di questa Arabella pensata da Christof Loy e Jordi Francés, riiapettivamente regista e direttore, sono senza dubbio le voci. L’arte del canto lirico in questo spettacolo si veste di gran gala per presentarci un prodotto di incomparabile qualità. Nella recita del 12 febbraio 2023, il ruolo-titolo è stato affidato ad Astrid Kessler  L’interpretazione di questo meraviglioso soprano è degna di un applauso in piedi. La sensibilità risvegliata che ha in ogni nota fa sì che il suo personaggio ti raggiunga e soprattutto ti commuova e il lavoro di Sarah Defrise, eccellente soprano belga, che rende la sua Zdenka una vera delizia. Un personaggio carico di sensibilità che raggiunge l’empatia con il pubblico, soprattutto per il suo lavoro vocale. Senza dimenticare il magnifico lavoro scenico del grande Martin Winkler, baritono austriaco nel ruolo del conte Waldner, che dona un sottile tocco di comicità senza perdere l’autorevolezza del personaggio e dimostrando le sue doti vocali; né Matthew Newlin, tenore americano che interpreta straordinariamente bene il ruolo dell’emozionante Matteo e Josef Wagner, basso baritono, che dà il massimo in una memorabile Mandryka. Una sinfonia di suoni e voci che ci delizia durante le oltre tre ore di durata dello spettacolo. Dove, ovviamente, si inserisce il merito di una musica, non solo creata, ma brillantemente composta da Richard Strauss ed eseguita alla perfezione in questo caso dall’Orchestra principale e dal Coro del Teatro Real.

Lo spettatore dal suo posto assiste ad un ingegnoso e sapiente gioco visivo che l’apparato scenico sprigiona. La mitica scatola nera viene convertita al 100% e diventa una scatola bianca, bianco immacolato e illuminazione diametralmente perfetta in cui la scena non è contenuta in essa, ma piuttosto la scatola bianca ci contiene come spettatori perché è frontale. La parete di fondo della cassa è un intelligente elemento scorrevole che, andando da destra a sinistra con superba eleganza, rivela spazi e, soprattutto, profondità che, sebbene a volte complichino l’ascolto del brano, il più delle volte, porta bellezza ed equilibrio. Qui ci sono solo bianchi, neri e grigi. Forse come allegoria del mondo dei sentimenti in cui lo vuoi o non lo vuoi e le mezze misure esistono solo per denotare l’inerzia. La passività di un divano o di una sedia strategicamente ben posizionati. Atto dopo atto si passa dalla nuda ed essenzialmente povertà di una casa lugubre per una famiglia impoverita alla hall di un albergo, ma il tutto senza sminuire l’importanza di ogni centimetro di queste stanze in cui tutto è condotto da un ambiente biancastro che lo circonda.

Una frase che si ripete e che ha molto senso nelle storie è “qualunque cosa accada” perché quello è il risultato di questa commedia piena di illusioni, scommettendo sull’esito del futuro qualunque esso sia. Tratto il dado, riconosciuto ciò che è stato fatto e non si può più tornare indietro, non resta che scommettere che tutto andrà per il meglio. E c’è Arabella, una produzione del Teatro Reale dell’Oper Frankfurt in tre atti che celebra i novant’anni della sua prima al Sächsisches Staatstheater di Dresda. Da allora sono successe molte cose per arrivare a una scena piena di estetica visiva e alta qualità.

Ricardo Ladrón de Guevara
(12 febbraio 2023)

Le foto si riferiscono al cast della Prima

Originale spagnolo

Esta versión de Arabella tiene dos grandes puntos de ancla, dos factores protagónicos que lo dictan todo. Y el primero de ellos es el Amor. Esa fecunda palabra de cuatro letras que rige los destinos de muchas de las acciones que hacemos los seres humanos y los que no tan humanos también. La búsqueda de la felicidad es algo que ha obsesionado durante siglos a las personas y todos hemos caído en la tentación y muy probablemente el error de asociarlo al amor. La apasionada Arabella coloca su fe en el futuro en solo una premisa: encontrar el amor de su vida. Y apartando el hecho de que además de concebir su vida al lado de su ser amado e ideal también lo ve como un trato económico que salve a su familia de la ruina en la que están sumidos, da más que al amor en sí a la actividad de encontrarlo tanto peso, que se diría constituye su única razón de vida. Ella no es la única que ha intentado, probado, escogido y seleccionado ese sentimiento de varias opciones, todos lo hemos hecho, algunos nos hemos equivocado más que otros. Pero en definitiva lo hemos intentado. Para nuestra protagonista, en principio,  el hombre perfecto debe tener una buena dota de dinero y una posición social que la coloque a ella en un lugar seguro y cómodo, pero, luego cae presa de esa pasión que nubla la razón y que te hace caer preso solo de lo que sientes y nunca de lo que deberías sentir. El amor en esta historia acaba con una promesa que está simbolizada en un vaso de agua que ella le entrega a él para pedirle matrimonio y sellar su compromiso y que hace que inevitablemente uno piense si ese líquido no servirá más bien para lavar el pecado tan grande que es amar.

Y el segundo elemento más importante de esta Arabella que nos traen Christof Loy y David Afkham, el primero director de escena el segundo Director Musical es sin duda alguna las voces. El arte del canto lírico en este montaje se viste de absoluta gala y esplendor para presentarnos un producto de una calidad incomparable. En la función del 12 de febrero de 2023 el personaje es de Astrid Kessler y no de Sara Jakubiak, cabeza de cartel. La interpretación de esta maravillosa Soprano es digna de aplaudir de pie. La sensibilidad despierta que tiene en cada nota hace que su personaje te llegue y sobre todo te emocione y es muy especial el trabajo de Sarah Defrise la Soprano Belga, que hace de su Zdenka una verdadera delicia. Un personaje cargado de sensibilidad que logra la empatía con el público sobre todo por su trabajo vocal.  Sin dejar pasar por alto los magníficos trabajos en escena del gran Martin Winkler, barítono austríaco en el papel del Conde Waldner, que imprime un sutil toque de comedia sin perder la autoridad del personaje y demostrando sus dotes vocales; ni Matthew Newlin, tenor norteamericano que extraordinariamente bien interpreta el papel del emocionado Matteo  y Josef Wagner, Barítono Bajo,  que se deja la piel en un memorable Mandryka.  Una sinfonía de sonidos y voces que nos deleitan durante las más de tres horas que dura el espectáculo. Donde cabe por supuesto, el mérito de una música, no solo creada, sino brillantemente compuesta por Richard Strauss y ejecutada a la perfección en este caso por la Orquesta y Coro titulares del Teatro Real.

El espectador desde su butaca asiste a un ingenioso y hábil juego visual que desprende el dispositivo escénico. La mítica caja negra es reconvertida al 100% y pasa a ser una caja blanca, de un blanco impoluto y una iluminación diametralmente perfecta en la que la escena no está contenida en ella sino que la caja blanca nos contiene como espectadores porque es frontal. La pared posterior de la caja o fondo es un inteligente elemento deslizante que yendo de derecha a izquierda con una soberbia elegancia descubres espacio y sobre todo profundidades que aunque en ocasiones complica la audición del canto en la mayor parte del tiempo aporta belleza y equilibrio. Solo hay blancos, negros y grises aquí. Posiblemente como una alegoría al mundo de los sentimientos en el que se quiere o no se quiere y las medias tintas existen solo para denotar la inercia. La pasividad de un sofá o una silla estratégicamente bien ubicados. Acto tras acto vamos transitando de la escueta y en esencia pobreza de una lúgubre vivienda de familia empobrecida al recibidor de un hotel pero todo sin restar importancia a cada centímetro de estas estancias en las que todo está liderado por un blanquecino ambiente que lo envuelve.

Una frase repetida y con mucho sentido en la historias es el “pase lo que pase” porque así es el desenlace de esta comedia cargada de ilusiones, apostando por el resultado del futuro sea el que sea. Una vez que la suerte está echada, una vez que lo que se ha hecho se ha reconocido y ya no tiene vuelta atrás, solo queda apostar porque todo salga lo mejor posible. Y esta Arabella, producción del Teatro Real procedente de la Oper Frankfurt de tres actos que celebra los noventa años del estreno de ésta en el celebrado Sächsisches Staatstheater en Dresden. Mucho ha pasado desde entonces hasta llegar aquí a una escena cargada de estética visual y de una gran calidad.

Ricardo Ladrón de Guevara
(12 febbraio 2023)

La locandina

Direttore Jordi Francés
Regia Christof Loy
Scene e costumi Herbert Murauer
Lightings Designer Reinhard Traub
Coreografia Thomas Wilhelm
Personaggi e interpreti:
Arabella Astrid Kessler
Zdenka Sarah Defrise
Graf Waldner Martin Winkler
Adelaide Anne Sofie von Otter
Mandryka Josef Wagner
Matteo Matthew Newlin
Graf Elemer Count Dean Power
Graf Dominik Roger Smeets
Graf Lamoral Tyler Zimmerman
Fiakermilli Elena Sancho Pereg
Kartenlegerin Barbara Zechmeister
Zimmerkellner José Manuel Montero
Welko Benjamin Werth
Djura Niall Fallon
Jankel Hanno Jusek
Coro y Orquesta Titulares del Teatro Real
Maestro del coro Andrés Máspero

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