Milano: alle Zite ngalera manca il mare

La palingenesi del Barocco percorre vie talora misteriose e più di una volta si risolve in un’occasione perduta: in questo contesto si inquadra plasticamente l’allestimento degli Zite ngalera –che Leonardo Vinci compose nel 1722, su libretto di Bernardo Suddumene, per il Teatro dei Fiorentini – messo in scena alla Scala.

Diciamola tutta, l’opera, o meglio la commedia in prosa con numeri cantati, non è un capolavoro immortale: il ­libretto in lingua napoletana antica – che qui si disvela in una melodicità fascinosa – è gradevolissimo così come lo è gran parte della musica, ma tutto resta in superficie e soprattutto è lontano dai grandi lavori del compositore di Strongoli, anche se gli spunti teatrali fra travestimenti e agnizioni sono parecchio intriganti oltre che ben comprensibili in un’epoca fluida come la nostra.

L’elemento pregnante è la “napoletanità”, ma soprattutto il mare – a far principio dal titolo che in italiano suona I fidanzati in barca – eppure sia l’una che l’altro restano in trasparenza quando la stessa musica richiamerebbe costantemente l’andare e venire della risacca, le brezze e le onde, il porto di Vietri.

Leo Muscato decide di raccontare le vicende calcando sugli stereotipi di ciascuno dei personaggi, complici le pur belle scene mobili realizzate da Federica Parolini che conchiudono i singoli numeri musicali – i costumi perfetti sono di Silvia Aymonino e le luci di Alessandro Vernazzi – senza cercare ulteriori e possibili scavi che soprattutto per quanto riguarda la coppia Carlo/Belluccia-Peppariello dovrebbero venire da sé.

Il mare è solo nella veduta di Vietri che appare nella teletta che chiude il boccascena incorniciato d’oro e la galera si mostra anch’essa in veste di ombra fugace.

La scena che maggiormente convince è la tarantella “dei Turchi” nel terzo atto nella quale tutti i personaggi suonano un strumento, dando vita ad una “tammuriata” travolgente. Un po’ pochino.

Anche Andrea Marcon, alla testa Orchestra del Teatro alla Scala che suona molto bene su strumenti storici insieme ad elementi de La Cetra Barockorchester in un’esecuzione precisa nei tempi e nelle dinamiche e mercuriale nelle soluzioni ritmiche cede al Barocco “piacione” tutto tamburelli nacchere e flautini. Perché? Perché al pubblico piace?

Nella compagnia di canto – nessun napoletano – svettano le voci magnifiche di Francesca Aspromonte, che disegna un Carlo Celmino dal fraseggio impeccabile e tutto cantato sul fiato, e Chiara Amarù capace di conferire a Belluccia-Peppariello il giusto accento poggiandolo su un canto appassionato.

Assai bene fanno anche Antonino Siragusa come Col’Agnolo, Filippo Morace nei panni di Federico Mariano, Marco Filippo Romano che canta e recita Rapisto e Alberto Allegrezza in veste di una Meneca Vernillo anche eccellente flautista ancorché un po’ troppo caricata nella caratterizzazione.

Ciomma Palummo, ovvero l’oggetto del contendere di tutti i personaggi maschili dell’opera, è affidata a Francesca Pia Vitale che recita meglio di quanto non canti, mentre di bello spessore risultano le prove dei due controtenori in locandina ovvero Raffaele Pe – Ciccariello vocalmente assai ben centrato e arlecchinesco nella recitazione – e Filippo Mineccia, Titta Castagna al quale Vinci riserva tre arie che sono tra i punti più alti dell’opera a alle quali è qui reso pieno onore.

A completare il cast, bene, Matías Moncada (Assan) e Fan Zhou (Na schiavottella).

Il pubblico del turno A, altrimenti detto “Necropoli”, non gratifica nessuno di un applauso, che sarebbe stato quasi sempre meritato, a scena aperta mostrando qualche tiepido consenso dopo la tarantella e risvegliandosi alla fine a manifestare un cauto gradimento.

Alessandro Cammarano
(12 aprile 2023)

La locandina

Direttore Andrea Marcon
Regia Leo Muscato
Scene  Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Luci Alessandro Verazzi
Personaggi e interpreti:
Carlo Celmino Francesca Aspromonte
Belluccia Mariano Chiara Amarù
Ciomma Palummo Francesca Pia Vitale
Federico Mariano Filippo Morace
Titta Castagna Filippo Mineccia
Meneca Vernillo Alberto Allegrezza
Ciccariello Raffaele Pe
Rapisto Marco Filippo Romano
Col’Agnolo Antonino Siragusa
Assan Matías Moncada
Na schiavottella Fan Zhou
Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici con la partecipazione di elementi de La Cetra Barockorchester

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