Parma: Attila imbarbarito

Attila segna un giro di boa all’interno della produzione verdiana, aprendo quella fase di rinnovamento non solo della musica, ma anche della concezione drammaturgica che porterà al primo Macbeth.

Attila è l’antesignano dell’ “eroe” verdiano: un uomo solo, nel bene e nel male, come saranno soli Macbeth, Simone, Rigoletto, Filippo II ed in definitiva Otello.
L’Unno è artefice e vittima del suo destino, che plasma pagandone le conseguenze estreme, ma è pur sempre un uomo, mosso dagli affetti, dall’amore per il suo popolo, dalla sete di potere, dal desiderio di gloria.

L’aggettivo inglese decent, che comprende in unico lemma le accezioni di onestà intellettuale e rigore morale offre la miglior definizione della natura del personaggio.
Attila è profondamente decent, conscio dei suoi limiti ma al contempo fiero dei suoi pregi; a far la differenza sono coloro che gravitano nella sua sfera d’azione. Ezio divorato da un’ambizione personale prima che dall’amor di patria, Odabella rosa dal desiderio di vendetta, Foresto poco brillante gregario, Papa Leone incarnazione di un potere “altro”. Alla fine del dramma Attila, inevitabilmente, si offre alla morte per mano di Odabella in quanto essa gli appare come l’unica, inevitabile scelta: il suo mondo svanisce con lui.

Il nuovo allestimento proposto al Festival Verdi porta la firma di Andrea De Rosa ed è ascrivibile ad un tradizionale calligrafismo, nonostante l’azione sia calata in un non meglio identificato passato prossimo che i costumi terragni, di Alessandro Lai, e le scene scoscese dello stesso De Rosa non permettono di identificare con precisione.
Non succede quasi nulla in questo Attila, con il coro sempre in versione “Quarto Stato” e i personaggi principali a cantare le loro arie e cabalette saldamente piantati al proscenio, ben attenti a protendere le braccia al pubblico. Non basta l’idea della famigliola trucidata dagli Unni sulle note dell’ouverture e che ritorna a perseguitare ricorrentemente  Attila, che alla fine si immolerà a Odabella scendendo nella medesima fossa dove la detta famigliola aveva trovato la morte, a fare teatro. Secondo De Rosa poi il protagonista è un cattivo vero, uno spietato capo di una banda di bulli che uccide le donne a sangue freddo mentre finge di consolarle, privo di nobiltà, tradendo di fatto il dettato verdiano. Strappa un sorriso la spada della scalmanata protagonista femminile che qui diventa poco più di un temperino. Spettacolo sostanzialmente inutile ma che piace, e parecchio, a tutti quelli che “all’opera si va per sognare, non per pensare”.

Gianlugi Gelmetti impone all’Orchestra Toscanini un suono tonitruante e morchioso e stacca tempi spicci, senza curarsi troppo di ciò che avviene in scena. Il suo è un Attila grezzo, primitivo, lontano dalla poetica verdiana e dalle sue introspezioni qui già ben presenti.
Poco assecondata dalla buca la compagnia di canto fa quel che può, non sempre con risultati condivisibili.
Riccardo Zanellato tiene testa con buona autorevolezza agli “eccessi” della buca e riesce a tratteggiare un Attila di bello spessore drammatico, forte di mezzi vocali saldi.
Maria Josè Siri, ascoltata e apprezzata in passato nel medesimo ruolo,  canterebbe assai meglio la sua Odabella se solo le fosse permesso di respirare invece di trovarsi continuamente incalzata da ritmi garibaldini.
Anche l’Ezio del solitamente misurato Vladimir Stoyanov, fraseggiatore elegante, assume qui una vena verista che in qualche modo gli permette di farsi ascoltare emergendo dalla valanga di suono che lo investe ma che tradisce il personaggio.
Dimenticabile il Foresto di Francesco Demuro, affaticato nell’emissione, in difetto d’intonazione e troppo incline ai portamenti.
Bene il Leone di Paolo Battaglia e l’Uldino di Saverio Fiore, come positiva è la prova del Coro del Teatro Regio diretto da Martino Faggiani.
Per il pubblico, a giudicare dagli applausi, è un successo.

Alessandro Cammarano
(30 settembre 2018)

La locandina

Direttore Gianluigi Gelmetti
Regia e Scene Andrea De Rosa
Costumi Alessandro Lai
Luci Pasquale Mari
Maestro del coro Martino Faggiani
Attila Riccardo Zanellato
Odabella Maria José Siri
Ezio Vladimir Stoyanov
Foresto Francesco Demuro
Leone Paolo Battaglia
Uldino Saverio Fiore
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma

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