Parma: la (s)forza dei fischietti
Tanto tuonò che non piovve, o perlomeno l’atteso nubifragio si è trasformato in un piccolo acquazzone.
Fuori di metafora le proteste ampiamente annunciate alla vigilia della serata d’apertura del Festival Verdi 2022 sono state fiacche e sparute, riducendosi a qualche rumoroso dissenso a colpi di fischietto nei confronti di Roberto Abbado “reo” di aver voluto il coro del Teatro Comunale di Bologna invece di quello del Regio di Parma – peraltro ampiamente impegnato nelle altre produzioni in programma – manifestati ad ogni uscita del direttore e via via meno intensi e coperti dagli applausi.
Poca roba, insomma; in passato il loggione è stato protagonista di ben altri e più convinti dissensi.
Al netto della cronaca rimane il racconto di una serata in chiaroscuro.
La Forza del destino è opera di incredibile complessità, sia dal punto di vista musicale che da quello più squisitamente drammaturgico; il superamento quando non il sovvertimento – Verdi è uno sperimentatore rivoluzionario – dell’unità di tempo-spazio-luogo comporta la ricerca di una teatralità capace di trovare un filo conduttore in grado di tenere tutto insieme in maniera coerente e credibile.
A svolgere il compito tutt’altro che facile è stato chiamato il vetusto Yannis Kokkos, “usato sicuro” che dell’allestimento firma regia, scene e costumi – le proiezioni sono di Sergio Metalli e le luci di Giuseppe Di Iorio – il tutto con risultati davvero modesti.
Il filo conduttore dovrebbe essere l’orrore della guerra, narrato attraverso una sequenza di quadri viventi in cui i costumi – insieme alle scene ritagliate al traforo e sbilenche tanto da assomigliare ai covi dei “vilain” del Batman televisivo degli anni Sessanta – raccontano il trascorrere del tempo, passando dalla fine dell’Ottocento al primo Novecento, ma lo fanno senza nerbo e affidandosi a cliché fin troppo datati, dai protagonisti incollati al proscenio ai passettini “flamenchi” di Preziosilla.
La “trasgressione” è affidata due professioniste del sesso, per altro alquanto castigate, tra le rovine di Velletri: tutto un po’insipido e ingessato, soprattutto per un’opera gigantesca e ricca di spunti. Per la cronaca il pubblico ha gradito molto.
C’era bisogno del drammaturgo, nell’occasione Anne Blancard, per raccontare il nulla? E aggiungono i movimenti coreografici di Marta Bevilacqua?
Roberto Abbado fronteggia con classe i malumori, decisi “a tavolino”, di parte del pubblico senza mai perdere la concentrazione e, alla testa di un’Orchestra non sempre concentrata, opta per una lettura tesa, asciutta, ritmicamente incalzante; le agogiche sferzano e le scelte dinamiche sono improntate ad una concisione ammirevole.
Gregory Kunde profonde tutta la sua arte a disegnare un Don Alvaro tormentato, quasi wertheriano, incardinando tutto su una linea di canto di impeccabile nitore.
Non così la Leonora di Liudmyla Monastyrska – a lei il loggione tributa un trionfo – che canta tutto forte e senza troppa attenzione ad accenti e colori.
Amartuvshin Enkhbat si conferma ancora una volta come una delle più belle voci di baritono attualmente sulla scena dando voce e corpo ad un Carlo di Vargas possente, ben sfaccettato e ricco di colori mentre Marko Mimica è Padre Guardiano di bella caratura sia dal punto di vista vocale che per quanto attiene alla presenza scenica.
Convince del tutto la Preziosilla di Annalisa Stroppa, rigogliosa nel fraseggio ed è da incorniciare il Melitone di Roberto De Candia, che del personaggio pone in luce con canto esperto e caratterizzazione impeccabile la sottile e assai poco cristiana cattiveria.
Marco Spotti è Marchese di Calatrava elegantemente autorevole e Andrea Giovannini è Trabuco intelligentemente lontano da macchiettismi.
A completare il cast la buona Curra di Natalia Gavrilan, l’Alcade discreto di Jacobo Ochoa e il diligente Chirurgo di Andrea Pellegrini.
Alla fine il Coro del Comunale di Bologna, oggetto del contendere, si rende protagonista di una prova corretta.
Appausi per tutti – ovazioni per Kunde, Enkbat, Monastyrska e De Candia – anche a scena aperta e pioggia di tristi bigliettini con scritte del tipo “Giù le mani dal Regio” et similia a suggello di una serata un po’ così.
Alessandro Cammarano
(22 settembre 2022)
La locandina
Direttore | Roberto Abbado |
Regia, scene e costumi | Yannis Kokkos |
Drammaturgia | Anne Blancard |
Luci | Giuseppe Di Iorio |
Movimenti Coreografici | Marta Bevilacqua |
Projection Designer | Sergio Metalli |
Personaggi e interpreti: | |
Donna Leonora | Liudmyla Monastyrska |
Don Alvaro | Gregory Kunde |
Don Carlo di Vargas | Amartuvshin Enkhbat |
Padre Guardiano | Marko Mimica |
Fra’ Melitone | Roberto De Candia |
Preziosilla | Annalisa Stroppa |
Mastro Trabuco | Andrea Giovannini |
Il Marchese di Calatrava | Marco Spotti |
Curra | Natalia Gavrilan |
Un Alcade | Jacobo Ochoa |
Un chirurgo | Andrea Pellegrini |
Orchestra e coro del Teatro Comunale di Bologna | |
Maestro del coro | Gea Garatti Ansini |
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