Ravenna: l’Isola disabitata, tra isolamento e Natura

Inaugurazione fresca e brillante, per la stagione lirica del Teatro Alighieri, con un titolo di raro ascolto. L’isola disabitata è pochissimo nota in Italia, come in generale tutta la ricca produzione operistica di Franz Joseph Haydn, ma è anche uno dei suoi lavori meno diffusi in campo internazionale. Rappresentata per la prima volta nel 1779 a Esterháza, non nel teatro di corte devastato da un incendio bensì nel più piccolo teatro delle marionette, prevede a causa delle circostanze un organico ridotto e la partecipazione di quattro soli cantanti.

La vicenda che si svolge nel libretto di Metastasio, già messo in musica tra gli altri da Jommelli e da Traetta, è facile da riassumere. Due sorelle, Costanza e Silvia (nomina sunt omina), vivono sole in un’isola deserta dove erano sbarcate tredici anni prima con Gernando, marito della maggiore, che poi è scomparso. Costanza si crede abbandonata ed è perpetuamente immersa nel dolore; Silvia, molto più giovane, non ricorda nulla dell’esistenza precedente e gode della vita semplice che conduce, immersa nella natura dell’isola. Gernando, che era stato rapito dai pirati, torna a cercare la moglie con l’amico Enrico. Dopo qualche equivoco, da cui discendono anche situazioni comiche, la coppia si ricompone e nel frattempo anche Enrico e Silvia scoprono di amarsi.

La partitura di questa «azione teatrale in due parti», di durata ridotta, inizia con una Sinfonia apparentata per carattere alle maggiori dello Sturm und Drang. Stimolato dall’ascolto dell’Orfeo ed Euridice di Gluck, Haydn elimina radicalmente i recitativi secchi e affida alla piccola orchestra, tra recitativi accompagnati e arie, un continuum musicale che precorre le consuetudini ottocentesche. Il finale, di estese dimensioni, è un Quartetto che riunisce le voci degli interpreti e le accompagna con mirate scelte di strumenti concertanti: violino e violoncello per Costanza e Gernando, flauto e fagotto per Silvia ed Enrico.

Il tema dell’isolamento e la sua relazione con la nostra situazione attuale sono stati fonte d’ispirazione per il regista Luigi De Angelis, che ha assunto la cura dell’intero spettacolo con Fanny & Alexander, la compagnia teatrale di cui è stato il fondatore con Chiara Lagani. Autore anche di scene, luci e video (questi ultimi con Andrea Argentieri), De Angelis ha immaginato l’intera storia come un sogno di Costanza che dal Teatro Alighieri sposta l’azione nella rocciosa isola di Marettimo, nelle Egadi.

Le immagini riprese sono proiettate sul velario scorrevole percorso da tagli in verticale, come un’immensa frangia che fa da sfondo all’azione, ma diventa anche selva dove i personaggi si cercano e si celano. I costumi, tra scintillio di lustrini e stampe animalier, sono firmati da Chiara Lagani, che ha curato al contempo la drammaturgia; le loro caratteristiche si riferiscono sia all’aspetto elfico della natura delle sorelle sull’isola sia ai criteri di eleganza di quel mondo borghese a cui Costanza aspira a tornare, ma anche al desiderio di una femminilità che si rivelerà poi pienamente negli abiti da sera indossati dalle due interpreti nel Quartetto finale.

Pur con costumi di taglio odierno, Luigi De Angelis però non ha voluto attribuire una prospettiva storica alla vicenda: la sua lettura si è rivolta agli aspetti psichici e simbolici dell’opera. Per dirne uno, la pietra che Costanza porta sempre con sé e che è l’immagine del pesante dolore che l’accompagna. Già più volte impegnato in campo lirico, anche se in quest’occasione per la prima volta nel maggiore teatro della sua città natale, De Angelis ha impresso alla sua regia una scorrevolezza e una fluidità che i bravi cantanti-attori (Giuseppina Bridelli, Anna Maria Sarra, Krystian Adam, Christian Senn) hanno assecondato con una recitazione di grande naturalezza e con qualità vocali non uniformi, ma nel complesso pregevoli.

Lo scambio e la collaborazione costanti tra regista e direttore d’orchestra, come si usava in altri tempi per un teatro d’opera ben fatto, hanno contribuito grandemente alla resa dello spettacolo. A reggere le fila musicali era un altro ravennate al debutto all’Alighieri, Nicola Valentini. Con il suo Ensemble Dolce Concento di strumenti storici, il direttore ha stabilito un ottimo rapporto con il palcoscenico arricchendo la sua lettura, stilisticamente appropriata e ben caratterizzata, con sottolineature preziose e interventi vividi degli strumenti, tra i quali non guastava la tinta a volte un po’ acidula del violino solista.

Un’inserzione affidata a due trombe naturali, una sorta di fanfara, lasciava il tempo ai cantanti di disporsi in platea, di fronte agli spettatori, per il Quartetto finale; alla fine anche Valentini, continuando a dirigere, dalla buca si spostava accanto al pubblico. Il velo che separa la dimensione teatrale da quella della realtà si annullava così in un’emozionante coscienza di condivisione. Una conclusione a effetto dall’esito felice, così come l’intero spettacolo: il pubblico che affollava il Teatro, finalmente a piena capienza, ha applaudito a lungo con fervore.

Patrizia Luppi
(23 ottobre 2021)

La locandina

Direttore Nicola Valentini
Regia, scene, luci e video Luigi De Angelis
Drammaturgia e costumi Chiara Lagani
Aiuto regia e video Andrea Argentieri
Personaggi e interpreti:
Costanza Giuseppina Bridelli
Silvia Anna Maria Sarra
Gernando Krystian Adam
Enrico Christian Senn
Dolce Concento Ensemble
Fortepiano Jacopo Raffaele

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