Ripabottoni: cronache dal Concorso Piero Cappuccilli

Cronaca di una finale di Concorso di canto. La cornice è la piazza principale di Ripabottoni, nel cuore del Molise, un Borgo incantevole in provincia di Campobasso, a pochi metri dal mare Adriatico. Il festeggiato è un baritono da leggenda, Piero Cappuccilli, come recita il titolo della prima delle cinque monografie che finora ho dato alle stampe. Triestino di nascita, Piero era di origini molisane per parte di padre, non a caso il Palazzo di città dell’antico Borgo di Ripabottoni si chiama Cappuccilli, e si affaccia sulla Chiesa, punto d’incontro di fedeli e non.

È dal 2018 che il Concorso si svolge nel Borgo Molisano nei primi giorni d’agosto. Quest’anno, saltate le edizioni 2020 e 2021, causa pandemia, l’edizione numero tre era gestita da Ripainlirica, di recente fondata a Trieste, dove risiede, da Pierpaolo, il terzogenito di Piero Cappuccilli e di sua moglie Graziella, l’unico ad aver seguito le orme paterne nella musica. Trovato l’appoggio di Comune, Provincia e Regione Molise, di recente rinnovati, Pierpaolo si è immerso nell’organizzazione del Concorso intitolato al padre.

«Il Molise – mi spiega mentre mi sta riaccompagnando a Termoli da dove inizia il mio lungo viaggio di ritorno – è una terra un po’dimenticata. Ha accolto l’idea di rendere omaggio a un suo figlio con entusiasmo tutto meridionale. Del resto papà era legato a questi luoghi, dove passava le vacanze estive dai nonni, e dove ha continuato a venire finché ha potuto. Era un triestino con il Molise nel cuore».

Ho avuto il piacere e l’onore di fare parte della giuria di questa terza edizione del Concorso, chiamato da Pierpaolo con cui ci conosciamo da anni e che, da tempo, mi ventilava quest’eventualità. Pierpaolo Presidente, la giuria era formata dal grande basso bolognese Carlo Colombara, dal Segretario Alessandro Ciarla, re dell’efficacia, e, molto immodestamente, da me che negli anni, fra canto e direzione d’orchestra, di Concorsi ne ho frequentati parecchi. I candidati non erano moltissimi, a causa del ritardo con cui, è stato reso pubblico il bando.

Direi, però, che erano pochi ma buoni. Trattandosi di un Concorso dedicato a una voce di baritono, era prevedibile che fossero le voci gravi a frequentarlo di più. In finale ne sono arrivati quattro – dico quattro baritoni – di cui un italiano e tre orientali, un basso, merce rara di questi tempi, anche perché è un vero basso, non un basso-baritono, residente in Italia ma di provenienza ucraina e una sola ragazza, un soprano lirico proveniente dalla Cina.

Altra particolarità, quest’anno le voci maschili erano concretamente più agguerrite di quelle femminili. Di solito accade il contrario.

La giuria ha lavorato in estrema armonia, con Pierpaolo Cappuccilli e Carlo Colombara, di cui ho stima e che mi stimano, non posso dire che bene: sono colleghi che tutti vorrebbero avere in qualsiasi occasione. Carlo, in particolare, è calmo, mai intemperante, corretto nel non votare se si presenta un suo allievo, sempre disponibile a dare consigli, solo se richiesti.

Eliminatorie e semifinale già ci avevano fatto capire che il livello era piuttosto elevato: ma la finale in piazza, col pubblico che applaudiva mentre la giuria lavorava, è stata un gran bello spettacolo.

Purtroppo chi ci ha rimesso è stato un buon tenore coreano Jaebeom Park, che – avendo speso troppo nelle eliminatorie – si è ritrovato a corto di ossigeno in semifinale e non è venuto a capo dell’aria relativamente più semplice fra le tre che presentava: “Ch’ella mi creda” da La Fanciulla del West di Puccini.

La finale, in piazza e davanti a un pubblico entusiasta, ha rimescolato le carte e ha visto crescere un altro artista orientale, risultato poi vincitore del Premio, il baritono Baopeng Wang, cinese, che ha trovato nella celebre perorazione di Sancho sul cadavere di Don Quichotte “Riez, allez…” un brano che rendeva giustizia al suo temperamento e a una voce di baritono piena, timbrata, uguale in tutta la gamma, che si sposava a un’intensità d’accento davvero ammirevole.

Giacché Baopeng non ha che ventitré anni, è stato naturale assegnargli non solo il Primo, ma anche il Premio della critica che spettava a me decidere e che consisteva in una copia da me autografata del mio libro. Nel frattempo sto lavorando a una nuova e più completa edizione che si arricchirà anche di qualche ricordo molisano.

Secondo classificato, Volodymyr Morozov: è un basso di ventisei anni, proveniente da Kiev in Ucraina, dove ha vissuto l’orrore della guerra perdendovi il padre e riuscendo a scappare in Italia, a Firenze, dove frequenta l’Accademia del Maggio Fiorentino, e dove si è fatto raggiungere da sua madre. Sta cominciando a muovere i primi passi di una carriera che per la sua voce, di autentico basso, e baciata da Dio, è presumibile ipotizzare lusinghiera.

Deve però, l’adorabile Volodymyr concentrarsi di più sulla parola cantata e meno sulla bellezza del suono, che è un fatto tangibile, non ha più bisogno di essere dimostrato. E deve convincere se stesso, più ancora degli altri che l’aria di Filippo nel Don Carlo, va recitata e non solo cantata.

Il terzo classificato, Matteo Lorenzo Pietrapiana, unico italiano a entrare in finale, è stato un po’, come Morozov, troppo generoso di suoni alle eliminatorie e alle semifinali, e in finale, davanti al pubblico, ha finito per strafare sia nella cavatina di Figaro, suo cavallo di battaglia, sia nella morte di Rodrigo dal Don Carlo, dove è arrivato senza riserve di fiato.

Stesso discorso per il primo dei non premiati, Hymsum Kang, baritono coreano forgiatosi alla scuola di Leo Nucci. Quanto era esuberante alle eliminatorie e in semifinale, tanto la prova del nove di fronte al pubblico l’ha spiazzato e messo in difficoltà. Cosa che vale anche per il cinese DuBan Xu, anche lui giovanissimo, e poco convincente nel monologo di Ford dal Falstaff.

Il soprano cinese Xu You He, classe 1999, ha bel timbro ma un canto legato ancora approssimativo. E, nel complesso, passa inosservata sia nell’aria dal terzo atto de La Bohème di Puccini, sia in quella d’ingresso di Leonora de Il Trovatore che, oltretutto, è tripartita, recitativo, aria e cabaletta, avendola Verdi e Cammarano modellata su quella d’ingresso della Lucia donizettiana.

Detto questo, va lodato senza indugio l’onere dell’accompagnamento pianistico che l’infaticabile Desirè Broggi si è sobbarcata nei quattro giorni di competizione, compresa la serata finale che è stata presentata in diretta tv su Tele Molise da Viviana Vannelli.

Con estremo garbo la giovane collega ha fatto sfilare sul palco il Sindaco e Presidente della Provincia di Campobasso Orazio Civetta “soddisfatto e felice per quello che sta succedendo a Ripabottoni”. L’Assessore regionale alla Cultura Gianluca Cefarotti, dal canto suo, si è detto stupito: “Erano anni che non venivo a Ripabottoni e quello che vedo mi riempie d’orgoglio per l’intero Molise.”. Lunga vita a questa manifestazione, dunque, che Pierpaolo Cappuccilli si è inventato e che sta coltivando con dedizione e determinazione degne di questa causa.

Rino Alessi

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