Salisburgo: se Orfeo sceglie di morire

Dieci minuti di applausi hanno posto il sigillo del successo sull’Orfeo ed Euridice che ha inaugurato il Festival di Pentecoste a Salisburgo – quest’anno tutto incentrato sui miti del Cantore Arcade – e con cui Cecilia Bartoli, Direttrice Artistica e Prima Donna Assoluta della manifestazione, mette a segno un altro colpo vincente, anche se con qualche riserva sulla regia da parte di chi scrive, mettendo in evidenza ancora una volta quale sia il compito precipuo di un festival che è quello di proporre novità e di “reinventare” al contempo il repertorio.

La prima scelta operata è quella di proporre il capolavoro gluckiano non nella versione maggiormente eseguita – insieme a quella francese del 1774 – ovvero la originale viennese del 1762, ma quella di Parma del 1764; la seconda, della quale si dirà più avanti è ben più dirompente ma alla fine capace di convincere.

La versione di Parma, elaborata in occasione delle nozze del duca Ferdinando I con Maria Amalia d’Asburgo-Lorena vide come protagonista il castrato Giuseppe Millico, soprano, al posto del creatore del personaggio, vale a dire il contralto evirato Gaetano Guadagni; il che portò Gluck a riscrivere alcuni passi – tra cui “Che puro ciel – alleggerendone l’orchestrazione.

La vera novità della produzione salisburghese sta però nell’invenzione drammaturgico-musicale che, in un gioco di grande coerenza interpretativa, sceglie di mettere in scena un finale “tragico” secondo la tradizione del mito, con Orfeo stesso che sceglie di morire sulla ripresa della trenodia “Ah se in terra” che apre l’opera.

Christof Loy, regista e coreografo e con lui il drammaturgo Klaus Bertisch, collocano l’azione in una anticamera – la scena è di Johannes Leiacker mentre i costumi contemporanei sono di Ursula Renzenbrink ­–  sul fondo della quale una scala bianca porta ad una dimensione “altra” che può essere di beatitudine o di dannazione.

Il coro – il magnifico Il Canto di Orfeo preparato da Jacopo Facchini – è seduto a punteggiare gli accadimenti immobile come nella tragedia greca.

I due protagonisti si moltiplicano attraverso i danzatori e le tante Euridici dello specchio diventano di volta in volta demoni o spiriti beati, a sottolineare che nessuno – Orfeo per primo – è fatto di un’unica materia.

Loy mette in luce i conflitti di una coppia non poi così felice, finendo però col ritrovarsi in un loop teatrale probabilmente voluto ma che sembra a tratti restare troppo in superficie nonostante l’idea di partenza sia buona.

Di contro è spiazzante e fascinosa la lettura che Gianluca Capuano – e con lui gli stellari Musiciens du Prince – Monaco – dà dell’impaginato, costringendo l’ascoltatore a mettersi in discussione.

Il metronomo è stravolto, le agogiche sovvertite, l’ordito dinamico disfatto e rimontato a sostenere un’altra trama.

Capuano incalza, le linee melodiche si tendono spasmodiche in una narrazione quasi novecentesca e il canto da legato si spezza fin quasi a diventare grido; “Che farò senza Euridice”, per fare solo un esempio, oscilla tra accelerazioni fulminee e abbandoni disperati comunicando perfettamente i sentimenti contrastanti del protagonista.

Cecilia Bartoli, grande tragédienne, si rende ancora una volta protagonista di una prova magnifica imperniata su un canto impeccabile ma che trova ulteriore punto di forza in un fraseggio cesellatissimo e una presenza scenica magnetica.

Bene anche l’Euridice per nulla remissiva di Mélissa Petit, padrona di una linea di canto di bella uniformità e capace di seguire il dettato registico che la vuole in qualche modo in conflitto con lo sposo.

Madison Nonoa dà voce e corpo ad Amore, anch’egli qui lontano da languori arcadici ma anzi particolarmente impositivo, il tutto con bel timbro e intonazione impeccabile.

Bravi davvero i danzatori Yannick Bosc, Clara Cozzolino, Gorka Culebras, Yuka Eda, Oskar Eon, Haizam Fathy, Mark-Krister Haav, Jarosław Kruczek, Pascu Ortí, Carla Pérez Mora, Sandra Pericou-Habaillou, Guillaume Rabain, Giulia Tornarolli e Nicky van Cleef.

Consenso di pubblico travolgente, si diceva, con  la Segretaria di Stato per Arte e Cultura Andrea Mayer ad insignire la Bartoli del titolo di Österreicher Kammersängerin.

Alessandro Cammarano
(26 maggio 2026)

La locandina

Direttore Gianluca Capuano
Regia e coreografia Christof Loy
Scene Johannes Leiacker
Costumi Ursula Renzenbrink
Luci Olaf Winter
Drammaturgia Klaus Bertisch
Personaggi e interpreti:
Orfeo Cecilia Bartoli
Euridice Mélissa Petit
Amore Madison Nonoa
Danzatori Yannick Bosc, Clara Cozzolino, Gorka Culebras, Yuka Eda, Oskar Eon, Haizam Fathy, Mark-Krister Haav, Jarosław Kruczek, Pascu Ortí, Carla Pérez Mora, Sandra Pericou-Habaillou, Guillaume Rabain, Giulia Tornarolli, Nicky van Cleef
Les Musiciens du Prince – Monaco
Il Canto di Orfeo
Maestro del coro Jacopo Facchini

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