Torino: i Vespri infiammano i 50 anni del Regio

Cinquant’anni sono tanti? Sono pochi? Quanto valgono?

Sicuramente valgono molto, soprattutto se a festeggiarli è il nuovo Teatro Regio di Torino. Nuovo perché è nel 1973 che, dopo il coraggioso e brillante progetto di ricostruzione del teatro lirico della Città di Torino (e di tutto il Piemonte, diremmo noi), si alza il sipario del nuovo teatro con i Vespri siciliani di Giuseppe Verdi, con la regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano, coppia d’oro nel canto, forse meno nella regia.

Tuttavia, nello scorrere degli eventi di Regio 50, non poteva dunque mancare l’omaggio alla storica inaugurazione del Teatro, riproponendo proprio l’opera inaugurale del 1973, in versione di Concerto di Gala, volendo ancor più dare senso di festa, di gioia e di musica, con l’opera di Verdi diventata rappresentativa nel Risorgimento italiano, poiché narrante la ribellione di un popolo all’invasore straniero. I Vespri siciliani, nella versione italiana di Arnaldo Fusinato che adatta Les Vêpres siciliennes, è uno dei grand-opéra verdiani, con la prima rappresentazione avvenuta all’Opera di Parigi nel 1855: in Italia fu censurata, nell’inutile tentativo di ridurre (se non annullare) l’effetto patriottico: i Vespri verdiani richiamano gli avvenimenti storici della Sicilia occupata dai francesi, dove i protagonisti sono costantemente in conflitto tra la ragion di stato e quella di cuore.

Per la serata di Gala, sul podio sale Riccardo Frizza, assiduo frequentatore del repertorio italiano che conosce bene le dinamiche verdiane, dando una lettura dei Vespri ricca, incalzante, a volte avare di piglio ardente per lasciar emergere con più morbidezza le sonorità d’amore, di passione, di innamorato intimismo che vede le vite e i destini dei protagonisti intrecciarsi tra di loro. Alcuni tagli lungo la partitura (compresi i ballabili delle stagioni) non fanno perdere l’incanto, la bellezza e la sontuosa ricchezza che questa opera, così poco rappresentata, ha da far vivere e godere.

L’Orchestra del Teatro Regio risponde felicemente al dettame di Frizza, conscio di vivere un momento di festa ma, soprattutto, di essere testimone e detentore della storia dell’Orchestra degli ultimi 50 anni: ecco quindi che riconosciamo il suono ricco, possente, elegante, dove tutte le componenti orchestrali si legano tra di loro in un crescendo continuo, senza mai perdere l’incalzante ritmo che va alternandosi a dolci e sentimentali momenti. Monumentale è la prova del Coro, che vede anche al debutto il suo nuovo maestro Ulisse Trabacchin, ricordandoci che la bellezza di una “voce corale” la fanno gli artisti e le artiste che quel coro lo compongono: ed è nel ricambio generazionale, con l’accompagnamento di chi la voce continua ad avercela, che ascoltiamo estasiati le pagine così infiammanti, così ricche e così grandiose di questa opera, dove il suono è pulito, armonioso, legato ed incalzante, proprio come la direzione.

Al suo debutto nella sala torinese, la giovane ma ormai lanciata Roberta Mantegna, dà voce ed intenzione alla duchessa Elena, ruolo che richiede voce, forza e carattere. Aspetti che non mancano di certo al soprano palermitano che, salvo alcuni momenti di prudenza ed incertezza lungo l’evolversi della serata, non ha risparmiato nulla. La voce, di possente liricità, pur non essendo privilegiata da un timbro aggraziato, risuona dominante e ben proiettata poiché sempre a fuoco, ben emessa e soprattutto ben sostenuta, riuscendo a superare tutti i più impegnativi momenti disseminati lungo la partitura, dando varietà di colori e avendo cura di tenere sotto controllo tutta la scala, con acuti precisi e brillanti e gravi sempre timbrati e non sbracati. Se risulta essere più timida e controllata la cavatina d’ingresso di Elena Deh! Tu calma, o Dio possente, è sicuramente più brillante e sfogato il Mercè, dilette amiche, dove il vorticare di note del Bolero non spaventa la Mantegna, precisa ed intonata. Al suo fianco, quale baldanzoso e innamorato Arrigo, troviamo il tenore Piero Pretti che felicemente torna al Teatro Regio dopo aver interpretato la parte al Teatro Alla Scala ad inizio 2023. La voce di Pretti, in continua evoluzione ma sempre ricca di quella solarità che contraddistingue le brillanti voci all’italiana, è oggi una delle poche che può permettersi di affrontare una parte così ostica e spesso, giustamente, temuta. Ha squillo limpido, una dizione curata con senso della parola e del porgere sempre precisi e, nonostante alcune asperità che talvolta possono risuonare poco intonate, esce vittorioso nei momenti dove gli acuti sono lì, brillanti e sostenuti, raccogliendo unanimi consensi e scaldando il pubblico in sala. In una serata in cui non si risparmiano le prodezze vocali, brilla anche l’interpretazione di Vladimir Stoyanov nei panni di Guido di Monforte, governatore di Sicilia e rappresentante dei francesi sulla sicula terra, che pur nella forma di concerto riesce a dare senso ed anima ad un personaggio a tratti meschino, a tratti politico, a tratti umano. Il baritono, sopperisce al timbro chiaro con un intelligente e accurato uso della voce, con un canto sempre sul fiato, mai ingolfato, regalando frasi ricche di armonici, di intenzioni, con la parola sempre scandita, dando un eccellente prova nell’eseguire l’aria In braccio alle dovizie. Altresì apprezzabili sono i duetti (che godimento i duetti con Arrigo!) e i momenti d’assieme, dove la voce risulta sempre a fuoco, timbrata, mai travolta dalla verdianità del suono orchestrale spesso straripante. Senza che ne voglia nessuno, la lezione di canto e l’incanto della serata viene dal basso Michele Pertusi, artista ammirato e conosciuto che continua a stupire, nonostante il naturale scorrere del tempo, per l’uso sapiente di una voce nobile, tonda, così zampillante di accenti ed inflessioni. L’immacolato silenzio in sala nel momento in cui viene dipinta su di un’immaginaria tela l’aria O tu Palermo e la consecutiva cabaletta Nell’ombra e nel silenzio dove nulla si perde e dove vocali, consonanti e i relativi accenti sono perfettamente sottolineati. Durante tutta la serata, Pertusi interpreta, canta e dà senso al complesso personaggio di Procida, siciliano che tenta di smuovere i compatrioti per liberare la propria terra dall’occupazione francese: a fine serata è unanime il consenso che raccoglie l’artista parmense, facendosi apprezzare per l’attenzione alla parole, al senso del canto e di ciò che esso trasmette, al caldo e possente timbro di basso che non sembra sentire i quasi quarant’anni di attività. Attorno a questo così apprezzato quartetto, vengono chiamati a raccolta giovani e meno giovani interpreti che completano appieno la ricca compagnia vocale richiesta per l’esecuzione dei Vespri, traendo forza anche da artisti in forza al Teatro e facenti parte del Regio Ensemble, già peraltro apprezzati lungo la stagione conclusasi.

Il basso Amin Ahangaran, membro dell’International Opera Studio di Zurigo, interpreta il sire di Bethune facendosi apprezzare per la voce di notevole interesse, ancora da affinare soprattutto nel passaggio alla zona acuta, mentre è ben calibrato e con buona voce il conte Vaudemont dell’altro basso, Emanuele Cordaro. Dal Regio Ensemble provengono la fascinosa Ninetta del soprano Irina Bogdanova ed il preciso Manfredo del tenore Lulama Taifasi; a completamento del cast, il Danieli del tenore Francesco Pittari, il Tebaldo brillante e con un’ottima proiezione dell’altro tenore Paolo Antognetti e l’incisivo e di buon gusto Roberto del baritono Lodovico Filippo Ravizza.

Teatro caloroso e festante, tra i ricordi del tempo che fu, il presente che vuole essere di svolta e lo sguardo, speranzoso e coraggioso, al futuro che verrà. Ancora auguri, Teatro Regio di Torino!

Leonardo Crosetti
(6 luglio 2023)

La locandina

Direttore Riccardo Frizza
Personaggi e interpreti:
La duchessa Elena Roberta Mantegna
Arrigo Piero Pretti
Guido di Monforte Vladimir Stoyanov
Giovanni da Procida Michele Pertusi
Il sire di Bethune Amin Ahangaran
Il conte Vaudemont Emanuele Cordaro
Ninetta Irina Bogdanova
Danieli Francesco Pittari
Tebaldo Paolo Antognetti
Roberto Lodovico Filippo Ravizza
Manfredo Lulama Taifasi
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Maestro del coro Ulisse Trabacchin

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