Trieste: gli Oblivion infiammano il Rossetti

La genialità moltiplicata per cinque ed elevata alla decima potenza. Dieci anni di tournée per gli Oblivion si condensano in Oblivion Rhapsody, uno spettacolo tutto d’un fiato in cui Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli portano in scena un ricchissimo “riassunto” della loro arte. Per chi li conosce é una goduria allo stato puro e per i pochi che non li hanno mai visti è un susseguirsi di sorprese. Impossibile infatti prevedere quello che questi cinque artisti riusciranno a fare o dire in ogni loro spettacolo. La vena creativa di questo compatto quintetto straripante di talento pulsa a un ritmo inaudito e la loro voglia di mettersi in gioco, creandosi sempre delle sfide più complesse, li porta a una dimensione ulteriore, sfoderando una messa in scena totalmente unplugged.

Gli Oblivion da sempre sono un fenomeno che va vissuto con profonda attenzione, in grado di offrire molteplici livelli di lettura e in questo caso anche lo spettatore sta come sulle montagne russe,  di fronte a un susseguirsi di battute, richiami all’attualità, alla musica, alla letteratura, al cinema e a molto, molto altro. In questa occasione partono da lontano, dal volgare, per arrivare, attraverso un percorso costellato dai Promessi sposi in 10 minuti, un assaggio Shakespeariano, un giro nell’Inferno di Dante e la radiocronaca dai campi di Battaglia, a oblivionare loro stessi. Ogni istante dello spettacolo sbalordisce per la bravura con la quale viene presentato, ma allo stesso tempo insegna qualcosa, frantuma molti luoghi comuni e diverte. Ci si sente quasi in colpa a lasciarsi scappare qualche risata, assaliti dal timore di perdersi la battuta successiva. Con una chitarra, un sassofono di plastica e poco più riescono a portare in scena un campionario vastissimo di generi musicali. Assolutamente da citare il loro studio sull’Ave Maria, che viene eseguita partendo da Schubert per arrivare alla disco music. Un capolavoro. Ogni singolo frammento dello spettacolo andrebbe citato perché racchiude in sé un universo intero. Qualsiasi cosa, in mano loro, acquisisce nuove forme e diventa irresistibile, come L’infinito di Leopardi versione trailer, ad esempio. Impossibile contare tutte le citazioni musicali che in un turbinio di parole e gesti sono riusciti a inserire nelle loro performance, meglio quindi divertirsi ed entrare nel loro gioco, un concentrato di cultura che esplode sul palco.

Dieci anni sono tanti, ma loro sono rimasti fedeli a loro stessi, crescendo, osando, e continuando a omaggiare i loro miti di sempre. È da cardiopalma il momento dedicato a Giovanni Pascoli con La cavalla storna, quando sul palco compare la citazione più palese ai Monty Phyton, quei due gusci di noce di cocco che riproducono il suono del trotto di un cavallo, indimenticabili oggetti di scena di Spamalot ma presenti anche nel film Monty Phyton e il Sacro Graal.

Per la prima volta dal vivo si può ascoltare la loro History of Rock, cinque minuti da brivido che sono la ciliegina sulla torta di una serata perfetta. Teatro pieno, a Trieste, per entrambe le repliche di uno spettacolo dal quale si esce con il cuore colmo di felicità e tanta gratitudine nei confronti di cinque ragazzi straordinari.

Sara Del Sal

La locandina

Regia Giorgio Gallione
Di e con con gli Oblivion Graziana Borciani, Davide
Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda, Fabio Vagnarelli
Scene Lorenza Gioberti
Costumi Elisabetta Menziani
Luci Aldo Mantovani Aldo Mantovani
Produzione Agidi

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