Frédéric Chaslin: da Hoffmann a Montecristo

Direttore, compositore, uomo di teatro a tutto tondo Frédéric Chaslin è sicuramente pesronalità fra le più interessanti del panorama musicale internazionale. Lo incontriamo all’indomani del concerto che ha diretto al “Verdi” di Trieste.

  • Il programma che ha diretto a Trieste presenta due pagine all’apparenza molto diverse tra di loro. Che cosa le lega e cosa invece le divide.

Sarebbe difficile trovare n punto in comune, visto che l’universo di questi due compositori è così diverso. In più si tratta di un concerto e di una sinfonia, dunque pezzi di struttura completamente diversa. Se vogliamo veramente raggiungere un terreno comune potremmo dire che i due compositori avevano una grande maestria della costruzione di una struttura musicale, ma sono anche rimasti molto accademici nel senso positivo del termine, per cui mentre Frank ha scritto una sinfonia estremamente classica di struttura, e Šostakovič è rimasto molto vicino al linguaggio post-romantico, aggiungendovi i propri ingredienti, hanno entrambi la stessa filosofia che ho io della modernità, e che secondo il filosofo francese Alain sarebbe “ fare un passo avanti e osservare di nuovo il paesaggio“

  • Lei è interprete raffinato del repertorio francese; come lo si affronta rispetto a quello italiano?

Mia madre proviene da Genova; la sua famiglia è arrivata in Francia poco dopo la prima guerra mondiale e dunque la lingua e la cultura italiane mi sono molto vicine. L’opera è nata in Italia e l’opera è la mia passione insieme con la sinfonica. Amo soprattutto il lirismo e il senso drammatico della musica e dell’opera italiana. A parte Carmen e Faust, non abbiamo in fondo in Francia un repertorio immenso di opere di richiamo universale come Il barbiere di Siviglia, Aida, La bohème, ecc. La musica francese si è sviluppata molto di più nella sinfonica e nella musica di camera. Io sono compositore di opere perché amo la lirica e per questo mi sento molto vicino alla musica italiana, anche se l’essere nato in Francia mi ha dato questo senso dello “sfumato “o se preferisce dell’impressionismo, però un bel “crescendo” con un bell’acuto sono cose che mi piace molto scrivere!

  • Che edizione dei Contes d’Hoffmann sceglierà per la Scala?

Ho operato una sorta di misto tra l’originale francese (Choudens), e le aggiunte dell’edizione critica Alkor fatta da Fritz Oeser. In seguito, alla fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo sono arrivati personaggi che hanno aggiunto delle cose su cui è assai legittimo nutrire seri dubbi se consideriamo il numero incredibile di errori di lingua francese, di armonia, di contrappunto, di orchestrazione che Offenbach non avrebbe mai commesso.  Per di più questi responsabili di queste cosiddette “edizioni critiche” si rifiutano di mostrare le loro fonti.

Pertanto desidero tornare indietro alla fonte più pura, ossia lo spartito per canto e pianoforte ritrovato all’Opéra di Parigi una ventina d’anni fa, risalente alla prova generale dell’opera, e includo naturalmente le aggiunte di Guiraud, che era un amico intimo di Offenbach e di Raoul Gunsbourg, compositore e direttore dell’Opera di Monte-Carlo, che ha scritto lo stupendo concertato alla fine dell’atto di Giulietta.  Il mio scopo alla Scala e nelle mie future esecuzioni di quest’opera è quello di ritornare alla partitura originale e rendere tutte le fonti disponibili su Internet, mostrando ciò che è dubbio, ciò che è certo e chi ha fatto che cosa.

  • Lei è autore di mélodies, genere a me particolarmente caro: come va trattata la voce e quali i testi scelti?

È la cosa più bella del mondo, fare nascere e crescere una melodia a partire da un testo: è un grande mistero e non riesco a spiegare come davvero funziona quando scaturisce la prima intuizione melodica. Poi il resto è l’arte dello sviluppo, che necessità anch’essa di un tipo di ispirazione, ma si tratta di un’ispirazione leggermente diversa, in quanto più tecnica. Sono sempre rimasto sorpreso nell’osservare quanto la lingua del testo influenzi la musica che nasce. Quando ho scritto melodie su poesie americane ne è nata una musica molto americana. A quel tempo ero direttore musicale dell’Opera di Santa Fe e tutti i miei amici americani mi dicevano che sono il francese più americano dato che secondo loro musica che ho composto sulle poesie di Robert Frost ha un suono molto americano.

  • Ci parla del musical prossimo venturo?

Sarà sicuramente la nascita della mia opera “Montecristo” che ho scritto già quattro anni fa per Plácido Domingo e che però non si è realizzata per colpa di eventi che non occorre qui ricordare. Poi fra poco uscirà un disco di musiche che ho scritto per tromba, pianoforte e soprano anche su testi scritti dalla mia amica Arièle Butaux, un’autrice che adesso vive a Venezia. È un concetto abbastanza nuovo, in cui ogni melodia viene accompagnata da una testo recitato scritto appositamente per la melodia. Abbiamo avuto la grande fortuna di avere l’immenso attore francese Pierre Arditi per incidere questi testi. Poi un altro disco uscirà nel settembre 2023, registrato al Teatro La Fenice di Venezia, un teatro in cui lavoro molto con immenso piacere, e dedicato a Poulenc,  “La voix humaine” e sette melodie che ho orchestrato. Venezia è la mia città del cuore e il lavoro che ha fatto Fortunato Ortombina in poco più di dieci anni è straordinario: l’orchestra si è trasfigurata e con loro non ci sono limiti a quello che si può fare.

Alessandro Cammarano

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