Genova: un Sogno elegantissimo in una notte di mezza estate

Uno spettacolo avvincente, riuscito al meglio in tutte le componenti: A Midsummer Night’s Dream (Sogno di una notte di mezza estate) di Benjamin Britten, l’opera che ha inaugurato la stagione del Teatro Carlo Felice di Genova con grande e meritato successo, ha avuto un esito mirabile, sia dal punto di vista della musica sia da quello dell’allestimento, grazie all’apporto di tutti coloro che si sono impegnati in questa nuova produzione della Fondazione Teatro Carlo Felice in collaborazione con Royal Opera House di Muscat (Oman).

Bisogna dire che quando la regia di uno spettacolo è affidata a qualcuno che conosce bene il teatro dall’interno, c’è già in partenza una sicurezza in più. È il caso di Laurence Dale, in passato tenore di buona rinomanza, poi convertitosi alla direzione d’orchestra e alla regia. Con lucidità di concezione, indispensabile in un lavoro come quello di Britten in cui si intersecano tre piani distinti nei quali si muovono un gran numero di personaggi, e offrendo un profluvio di idee brillanti, Dale ha condotto attraverso i vari accadimenti con fluidità, restituendo dell’opera il senso del mistero e dell’incanto, l’umorismo garbato e anche certi toni dark che i costumi di Oberon e Titania sembrano evocare. Per le coreografie, Dale è stato valentemente coadiuvato da Carmine De Amicis.

Di grande eleganza tutti quanti i costumi, che Gary McCann ha ideato con un occhio all’abbigliamento dei tempi di Shakespeare – dal cui comedy play Peter Pears trasse con Britten il libretto – e l’altro alla fantasia visionaria di stilisti come Vivienne Westwood e Alexander McQueen. I costumi concorrono, tra l’altro, a distinguere i diversi piani della narrazione: in una fantasmagoria di colori nel mondo fatato (a parte i toni cupi di re Oberon e della regina Titania), candidi per le due giovani coppie di ateniesi e di aspetto più grezzo per i popolani che allestiscono il loro bislacco dramma per le nozze del duca Teseo e di Ippolita, regina delle Amazzoni; duca e regina, sfavillanti d’oro, compaiono solo alla fine, a differenza che in Shakespeare. Infatti Pears e Britten, per l’opera composta nel giro di pochi mesi e rappresentata per la prima volta a Aldeburgh nel 1960, praticamente dimezzarono con scelta efficace il testo originale, eliminando tra l’altro la prima scena del prim’atto, in cui Teseo e Ippolita compaiono.

Gary McCann è autore anche della bella e funzionale scenografia, che ha come elemento principale un bosco d’alberi che si spostano via via, disponendosi in modo differente a seconda di ciò che accade. Una cornice che variamente si colora delimita la scena, come se l’azione si svolgesse in un grande schermo; ma subito fuori della cornice c’è qualche masso con un po’ d’erba, dove a volte i personaggi si muovono e si stendono per il riposo. Grazie anche alle luci molto sapientemente disposte da John Bishop, molti effetti attirano lo sguardo, come già all’inizio le silhouettes nere in controluce che sembrano create con un découpage.

La luce sta anche nella lettura di Donato Renzetti, direttore emerito dell’Orchestra del Carlo Felice la quale, in una prova impeccabile, ha dimostrato di avere con lui un rapporto di notevole sintonia. Il solidissimo mestiere si lega in Renzetti alla versatilità e alla sensibilità: doti evidenti in questa partitura per organico cameristico, con una sezione di percussioni particolarmente ampia, dove si individuano qua e là richiami a compositori del passato e contemporanei di Britten. L’interpretazione che Renzetti offre del Sogno  brilla per individuazione delle atmosfere e senso spiccato dei colori strumentali voluti in abbondanza dal compositore, che spesso li ha usati per definire l’uno o l’altro personaggio.

Allo stesso modo, anche i colori vocali dei cantanti sono caratterizzanti: a partire da Oberon che è interpretato da un controtenore, scelta audace per l’epoca in cui l’opera fu composta. Britten affidò la parte al glorioso pioniere Alfred Deller, che non spiccava a quanto pare per volume della voce. Così anche, a Genova, Christopher Ainslie, dotato però nella tecnica e per qualità d’interprete. Seducente la vocalità di Sydney Mancasola, soprano di coloratura nel ruolo di Titania; tutti ben in parte e di ottimo livello gli altri cantanti, a partire dal solido Bottom di David Shipley e dalla Helena di Keri Fuge, ricca di personalità, e bravissimo Matteo Anselmi, atletico e accattivante nell’acrobatico ruolo soltanto parlato di Puck.

Un elogio, infine, va al Coro di voci bianche del Carlo Felice, inappuntabile, con il suo Maestro Gino Tanasini; in particolare (nella recita del 15 ottobre alla quale abbiamo assistito), alle giovanissime soliste dalle spumeggianti testoline rossochiomate Michela Gorini, Sofia Macciò, Lucilla Romano ed Eliana Uscidda.

Patrizia Luppi
(15 ottobre 2023)

La locandina

Direttore Donato Renzetti
Regia Laurence Dale
Scene e costumi Gary McCann
Coreografia Carmine De Amicis
Luci John Bishop
Personaggi e interpreti:
Oberon Christopher Ainslie
Tytania Sydney Mancasola
Puck Matteo Anselmi
Theseus Scott Wilde
Hippolyta Kamelia Kader
Lysander Peter Kirk
Demetrius John Chest
Hermia Hagar Sharvit
Helena Keri Fuge
Bottom David Shipley
Quince David Ireland
Flute Seumas Begg
Snug Sion Goronwy
Snout Robert Burt
Starveling Benjamin Bevan
Orchestra e Coro di voci bianche dell’Opera Carlo Felice
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini

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