Londra: La Boheme “fredda” di Richard Jones
La tanto amata produzione della Bohème di John Copley nel 2015 ha chiuso i battenti e dopo oltre 40 anni la Royal Opera House propone una nuova versione del capolavoro pucciniano. Furono Plácido Domingo e Katia Ricciarelli i primi a interpretare il ruolo di Rodolfo e Mimi. Copley aveva basato lo spettacolo sul racconto meticolosamente dettagliato della vita dei giovani Bohemiens a Parigi. Per ovvi motivi commerciali il teatro ha deciso di rinnovare la produzione e per farlo ha chiesto al regista Richard Jones di ideare un nuovo show che, con il supporto di Antonio Pappano alla direzione orchestrale, ha aperto la stagione 2017/2018 del famoso teatro d’opera londinese. Se il nuovo spettacolo di Richard Jones potrà sopravvivere per così tanti anni è tutto da vedere, e solo il tempo potrà dimostrarlo. Tuttavia, si sente già la mancanza del precedente allestimento. Lo spettacolo di Richard Jones è funzionale, efficace, gradevole a vedersi, ma non pienamente convincente. Non è una Bohème didascalicamente tradizionale, ma non è nemmeno una Bohème originale, in grado di offrire qualche spunto autenticamente nuovo. Forse Jones sente il peso del compito di creare un allestimento che possa reggere il confronto con quello del suo predecessore (25 revivals) e che debba assecondare il palato di tutti.
Il regista e lo scenografo Stewart Laing racchiudono atto primo, secondo e quarto in spazi piccoli, quasi claustrofobici. Solo nel terzo atto viene usato l’intero palcoscenico con un effetto desertico più da ultima atto di Manon Lescaut che da “Barriera d’Enfer” (porta doganale dove chi passa subisce il controllo della merce da parte dei doganieri). Le scene vengono spostate nelle pause a scena aperta dai tecnici del teatro, ma anche durante lo svolgersi dello spettacolo (per esempio quando i personaggi escono dal caffè per riversarsi nelle festose strade parigine), compromettendo l’intensità drammatica dell’azione. Certamente c’è tutto quello che ci si può aspettare da Bohème. E’ inverno e c’è la neve, tanta (troppa?). C’è lo scheletro della soffitta, pulitissima, dove vivono il poeta Rodolfo, il pittore Marcello, il musicista Schaunard e il filosofo Colline. C’è un affollatissimo Caffè Momus visivamente molto carino, ma davvero troppo lussuoso per i quattro amici.
Se il lato visivo è comunque appagato, la mancata descrizione psicologica dei personaggi rende ordinaria amministrazione questo spettacolo. Si potrebbero usare decine di espedienti divertenti per descrivere il carattere dei diversi protagonisti, per fare sorridere il pubblico quando Benoit viene a reclamare il pagamento dell’affitto. Nell’ultimo atto, quando i quattro amici banchettano fingendo brindisi, danze, duelli, nel tentativo di mascherare, se mai fosse possibile, tutta la loro amarezza, l’unica cosa che essi fanno è quella di disegnare sul muro con un gessetto. Purtroppo in questo modo l‘azione scorre un po’ piatta. Allo stesso modo, il rapporto litigioso e passionale tra Marcello e la cantante Musetta non è approfondito dalla regia. Migliore è la caratterizzazione psicologica dei due protagonisti principali che, dopo un primo atto interpretativamente un po’ inerte, emozionano nei rimanenti ultimi due atti. Complice di questo è senza dubbio la passionale direzione musicale di Sir Antonio Pappano. Pappano riesce a descrivere con la musica quello che la produzione non adempie pienamente. I cantanti sono supportati e assecondati come sempre quando dirige Sir Anthony. Il direttore italo-inglese, esperto conoscitore dello spartito pucciniano, offre una direzione che inizia scintillando, che commuove fin dal primo duetto e che strazia nel finale. Pappano cattura splendidamente all’inizio la caotica vita degli squattrinati artisti e conduce l’orchestra in ardenti esplosioni melodiche.
Tuttavia è l’attenzione ai dettagli musicali che innesca l’emozione: le interruzioni musicali che anticipano le arie principali con cui i due protagonisti si presentano, i pianissimi orchestrali e il silenzio nel quale Mimi’ se ne va. Il tenore americano Michael Fabiano e l’australiana Nicole Car sono stati protagonisti di una convincente prova vocale. Fabiano realizza un Rodolfo di bella e solida presenza: le mezze voci sono accattivanti, la proiezione è sonora e non si fa mai sopraffare dall’orchestra. Ovazione al termine dell’aria “Che gelida manina”. Nicole Car canta bene e possiede una lucente e morbida voce adatta al ruolo della fioraia Mimi’. La Car ha dato il meglio di sè fraseggiando intensamente un emozionante terzo e commoventissimo quarto atto. Bravo tutto il resto del cast. Nella serata del 3 ottobre Simona Mihai, nel ruolo di Musetta, è stata sostituita da Joyce El-Khoury che non ha lasciato un ricordo particolarmente positivo.
Thomas Gobbetti
(Londra, 3 ottobre 2017)
La locandina
Mimì | Nicole Car |
Rodolfo | Michael Fabiano |
Marcello | Mariusz Kwiecień |
Musetta | Joyce El-Khoury |
Schaunard | Florian Sempey |
Colline | Luca Tittoto |
Benoît | Jeremy White |
Alcindoro | Wyn Pencarreg |
Direttore | Sir Antonio Pappano |
Regia | Richard Jones |
Scene e costumi | Stewart Laing |
Lighting designer | Mimi Jordan Sherin |
Movement director | Sarah Fahie |
Royal Opera Chorus | |
Orchestra of the Royal Opera House |
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