Salzburg: La Jeanne d’Arc di Honegger infiamma la Felsenreitschule

Non capita spesso di poter ascoltare la Jeanne d’Arc au bûcher di Honegger. Il 24 luglio, però, è stato il centro di uno dei concerti del ciclo “Ouverture spirituelle” del Festival di Salisburgo, dedicata al concetto di “sacrificio”. È questo un lavoro particolarissimo di Honegger: composta nel 1935, la Jeanne non è musica di scena, né  melologo, né cantata, ma un oratorio drammatico, una creatura anfibia perfettamente a suo agio sia in forma scenica che in forma di concerto, pensata e dedicata per Ida Rubinstein. La forma di concerto è stata quella designata dal Festival, anche perché il maestoso insieme di forze in campo che l’oratorio richiede già occupava gran parte del palco della Felsenreitschule. Coro, coro di bambini, una grande orchestra sinfonica con tanto di tre saxofoni, due pianoforti, celesta e onde Martenot e ben nove tra solisti e voci recitanti (spesso intercambiabili)

Protagonisti della serata, dunque, sono stati la SWR Symphonieorchester di Stoccarda diretta da Maxime Pascal, il Coro del Bayerische Rundfunk preparato da Howard Arman, il Coro di voci bianche del Festival e del Teatro di Salisburgo preparato da Wolfgang Götz e la Giovanna d’Arco di Irène Jacob, affiancata dal Frère Dominique di Jérôme Kircher, la Vergine di Elena Tsallagova, la Marguerite di Mélissa Petit, la Catherine di Martina Belli e dai proteiformi Damien Bigourdan, Marc Mauillon, Damien Pass ed Emilien Diard-Detoeuf, impegnati in numerosissimi ruoli, saltando dalla recitazione al canto.

L’inizio non è stato dei più convincenti. Orchestra e coro erano piuttosto in difficoltà nel trovare un vero equilibrio che permettesse a tutte le eterogenee componenti dell’opera di emergere. Non certo facilitate dall’acustica della Felsenreitschule, molto spesso gli equilibri sono apparsi un po’ imprecisi e questo non ha facilitato il lavoro di Maxime Pascal. Il direttore ha affrontato con grande enfasi la non facile partitura, riuscendo ad imprimerle slancio e direzione, ma non sempre riuscendo a farsi adeguatamente seguire dall’orchestra. Richieste di improvvise sterzate e una ricerca di grande tensione espressiva sono passate quasi ignorate, mentre più volte sarebbe servito da parte sua un gesto più chiaro e ampio, che abbandonasse lo scatto nervoso per riportare insieme le forze traballanti e restituire chiarezza timbrica e polifonica alla partitura. La cosa più complessa della Jeanne è forse proprio questa richiesta di chiarezza. Nell’arco di un’ora e venti di musica e recitazione, si passa in rassegna una ricchezza stilistica degna della Francia del primo Novecento, con contrappunti spericolati che si trasformano in momenti pregni di swing, dissonanze e poliarmonie senza ritegno che sfociano in enfasi retoriche degne della nascitura musica da film hollywoodiana. Questa abilità nel cucire insieme il patchwork richiesto da Honegger è inizialmente mancata in Pascal, ma con un netto miglioramento via che il brano si snodava nei suoi caleidoscopici flashback, quasi deliri estatici di Giovanna interrogata da San Domenico.

Un discorso affine si potrebbe fare per le grandi masse corali e orchestrali, che non hanno mai particolarmente svettato, pur portando a termine l’esecuzione con crescente convinzione. Ci sono stati diversi punto in cui si è riusciti a squarciare il velo della ‘buona esecuzione’ per tirare fuori veramente la forza di questa non immediata partitura, ma troppo spesso la SWR e il coro bavarese non sono parsi veramente convinti di ciò che si trovavano a cantare. D’altronde, la stranezza delle parti, con i forsennati cambi stilistici, l’uso attoriale fin quasi operistico del coro e la ricchezza e al contempo chiarezza delle tessiture rendono la Giovanna d’Arco un brano di complessa esecuzione, che richiede tempo per essere assimilato e non perdona l’esecutore.

Meglio la resa dei solisti, a partire dalla prova piuttosto convincente di Irène Jacob, ogni tanto un po’ eccessiva nell’enfasi, ma comunque capace di rendere l’immagine di una fanciulla ormai proiettata su un altro piano di realtà, incapace veramente di comprendere ciò che la circonda, sicura nella sua fede eppure fragile. Ancora più centrato il Dominique di Kircher, aspro e severo da bravo domenicano, eppure capace di mostrare le crepe nella propria sferzante inquisizione, di fronte alla fede della fanciulla e ai giochi di convenienze politiche che l’hanno portata sul rogo che presto le toglierà la vita. Molto bene le tre donne, con parti non estese ma a volte parecchio esposte e spesso di non facile equilibrio tra solisti, coro e orchestra, e particolarmente bene i quattro uomini, di cui solo Pass ha cominciato non troppo convinto, scaldandosi poi bene nella recita. Dei quattro, si distinguono Bigourdan e Diard-Detoeuf, capace di rendere molto bene tanto il giudice accusatore Porcus, quanto l’Asino che gli fa da segretario. In generale, ciò che più mi ha colpito è stata l’abilità dei quattro cantanti di passare con disinvoltura dalla recitazione al canto, cambiando rapidamente di volto senza perdere di caratterizzazione, riuscendo veramente a fare dell’efficace teatro con il solo mezzo della propria voce e di qualche sguardo. Una menzione speciale al meraviglioso Coro di voci bianche di Salzburg e soprattutto alla sua solista, portata in primo piano in uno splendido solo.

In conclusione, comunque, va un plauso generale a Pascal, a cori, orchestra e solisti per essere riusciti a fornire una resa tutto sommato convincente di un lavoro splendido, ricco di spunti ma da qualche tempo non così eseguito. In alcuni momenti si è percepita davvero la forza di questo oratorio drammatico, capace di evocare abilmente scene e visioni con intuizioni timbriche, scorrendo leggermente su oltre un’ora e un quarto senza mai far percepire momenti di stanchezza. L’unica cosa che ancora non riesce a convincermi pienamente è l’uso delle onde Martenot, che con l’eccezione dei fortissimo più ampi appaiono sempre slegate e posticce, oltre a donare una patina retrò ad ogni loro entrata. Rimane ora la speranza di vederlo di nuovo eseguito più spesso, anche in forma scenica e semiscenica.

Alessandro Tommasi
(24 luglio 2022)

La locandina

Direttore Maxime Pascal Conductor
Jeanne d’Arc Irène Jacob
Frère Dominique Jérôme Kircher
La Vierge Elena Tsallagova
Marguerite Mélissa Petit
Catherine Martina Belli
Porcus Damien Bigourdan
Le Clerc Marc Mauillon
Une Voix / Héraut / Un Paysan Damien Pass
L’âne Emilien Diard-Detoeuf
SWR Symphonieorchester
Salzburger Festspiele und Theater Kinderchor 
Maestro del coro  Wolfgang Götz
Chor des Bayerischen Rundfunks 
Maestro del coro Howard Arman

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