Siena: Berio, la voce in scena

L’appuntamento presso la Chiesa di S. Agostino con il focus Berio_Altre voci, su un programma interamente dedicato al compositore ligure, che una volta ha dichiarato… La musica vocale è una messa in scena della parola… è l’occasione perfetta per verificare proprio questa riflessione su sue opere che vanno dal 1959 al 1999.  L’ascolto ravvicinato di lavori che coprono quaranta anni ci offre una possibile lettura delle sfaccettature della complessa personalità artistica di Luciano Berio (1925-2003). Lo potremo definire grande e libero artefice di connessioni linguistiche, ricercatore curioso e instancabile non solo tra le pieghe della musica, ma anche nelle scienze, nella filosofia, nelle arti figurative, nella letteratura e con uno sguardo attento alle nuove tecnologie, alla ricerca di stimoli e problematiche da elaborare, sperimentare e travasare nelle partiture.  Un cammino unico, quello di Berio, che lo ha visto, lontano da ideologismi, appartenenze e scuole, creare, inventare, rischiare, sognare, sfiorando anche materiali di consumo, nella visione positiva di una musica non sottofondo neutro ma elemento vitale tra contraddizioni e bellezze.

Tutto questo ci gira nella testa durante Circles (1960) per voce femminile, arpa, e due percussionisti, che apre la serata. Il lavoro basato su tre poesie di E.E. Cummings oltre che rimandare al concetto di circolarità e ripetitività, sviluppato in una vivace relazione tra suono e parole, esplora le potenzialità drammatiche e gestuali della parola attraverso un’analisi fonetica che   sviluppa incontri/scontri inusuali con il suono strumentale. Non solo, si assiste anche ad un avventuroso scambio di ruoli, la voce diventa percussione e viceversa. Non meno importante l’aspetto scenico che vede la cantante spostarsi in spazi diversi del palco, come quello offerto dalle   posture dei percussionisti di fronte ad un folto set strumentale. Musica da vedere.

Anche Sequenza III (1965) per voce, prende le mosse da un testo poetico, quello di Markus Kutter, ma qui le parole risultano semanticamente destrutturate. Una vera e propria esplosione sonora. In questa sequenza Berio mette in scena la voce, la mette in rapporto con un testo, senza che l’uno si prosciughi nell’altro. Le parole in realtà sono poche, si rincorrono soprattutto gesti vocali comuni (pianto, riso, singhiozzo, tosse, respiri languidi…) ma anche gesti che modificano il suono della voce, come portare la mano davanti alla bocca. Cathy Berberian per cui e su cui la Sequenza III fu scritta ebbe a dire… È la radiografia dell’anima femminile… Va detto che il fantasma della cantante americana ha volteggiato molto tra le colonne della Chiesa di S. Agostino. Estremamente virtuosistica, la sequenza, nelle ritmiche successioni di sillabe e note, sviluppa una spericolata quanto affascinante esplorazione dei registri. Un vero e proprio un saggio di drammaturgia musicale.

Différences (1959) per cinque strumenti e nastro magnetico, potremo definirla opera giovanile dove Berio sperimenta per la prima volta le relazioni tra un ensemble strumentale e le possibilità elettroacustiche. Il risultato è sorprendente.  Sul fronte strumentale la mobilità dei suoni tenuti, spesso nervosi e puntillistici, nel dialogo iniziale delle corde (viola, violoncello e arpa) si apre poi all’ingresso di clarinetto e flauto. L’insieme, gli incastri, le domande, le risposte, i contrasti, suscitano un panorama che da astratto si fa sempre più coerente, materiale vivo che si compone e scompone in una radicale visione compositiva. La parte elettronica, il nastro magnetico diffuso e sincronizzato con i cinque strumenti in scena, funziona non solo da raddoppio dei suoni del quintetto ma anche come agente deformatore, li ridisegna, entrando, senza disturbare l’impasto complessivo, in dialogo con essi  ampliando in modo straordinario l’impianto del percorso creativo di un’opera che sentiamo molto vicina a noi.

Visage (1961) per suoni elettronici e la voce di Cathy Berberian, su nastro magnetico, è una delle opere più note di Berio. Il palco è vuoto, non ci sono musicisti ma altoparlanti, è infatti un progetto radiofonico, solo da ascoltare. Superato l’aspetto fruitivo al quale Visage ci costringe, rimaniamo ancora una volta sorpresi di come questo lavoro mantenga nel tempo una propria forza, una potenza emotiva che pare intoccabile. Qui la figura di Cathy Berberian non è un fantasma, concretamente godiamo del suo talento (mai manipolato elettronicamente), dell’umanità dell’approccio al di fuori di ogni stile che ci emoziona sempre.  Questo risulta incredibile se consideriamo che la voce nella realtà non dice delle cose ma ci offre gesti vocali che si rifanno a modelli di lingue esistenti: armeno, inglese, francese, ebraico, dialetto napoletano…che vengono montati, sovrapposti e accumulati. Il risultato finale, tra voci di bambini, chiacchericci, sussurri sensuali, borbottii, afasie, è uno spaesamento totale che ci avvolge piacevolmente davanti agli altoparlanti.

Berio ha sempre amato l’arpa, inserendola spesso nei suoi organici. A questo strumento ha dedicato nel 1963 la Sequenza II. Ricordo una sua bellissima frase in merito…l’arpa suona come una foresta percorsa dal vento… Il compositore vuole soprattutto sradicare i luoghi comuni che avvolgono lo strumento e l’arpista. A quest’ultimo riconosce l’alto artigianato, ma anche la forza atletica e mentale. Con la Sequenza II Berio esalta aspetti inconsueti, oltre la ricchezza della costruzione di campi armonici, l’uso del rumore dei cambi di pedale, le risonanze, il gesto per smorzare i suoni, la possibilità di percuotere lo strumento, pizzicare con le unghie le corde, farle sbattere tra loro se serve. Una vera rivoluzione, oltre ogni convenzione, che ci apre non solo ad uno strumento nuovo, lontano anni luce dai soliti seducenti glissando, ma anche a nuovi orizzonti sonori.

Il focus si chiude con Altra voce (1999) per flauto contralto, mezzosoprano e live electronics. Un finale altamente poetico, una delle ultime composizioni di Berio, che pare racchiudere in sé i risultati di una vita dedicata ad una ricerca sonora sempre pensata per emozionare. E non può non emozionare il sottile dialogo tra flauto e voce su testi sognanti di Talia Pecker dove prende vita una fascinosa trama, un canto, quasi una preghiera. Meditazione che incontra qua e là elementi di disturbo ma non perde mai la via maestra di una poetica profonda e onirica. Risulta sorprendente il ruolo del live electronics, che riprende, ripropone, espande i materiali, arricchendo lo scenario di sottofondo, trovando una magica sintonia congeniale con il contesto complessivo.

Grande serata al Chigiana International Festival 2023, confortata anche dall’alta qualità degli interpreti, dai giovani ai più navigati, tutti all’altezza di un repertorio complesso, che presuppone non solo capacità di tecnica strumentale ma soprattutto un’apertura mentale e culturale, sensibilità verso materiali elaborati e pensati come musica del futuro.

Paolo Carradori
(20 luglio 2023)

La locandina

Direttore Tonino Battista
Soprano Alice Rossi
Mezzosoprano Monica Bacelli
Flauto Roberto Fabbriciani
Clarinetto Paolo Ravaglia
Viola Sào Soulez Larivière
Violoncello Vittorio Ceccanti
Arpa Emanuela Battigelli
Chigiana Percussionensemble Emanuela Olivelli, Tommaso Sassatelli
Live electronics Alvise Vidolin/Nicola Bernardini
Coordinatore SaMPL Julian Scordato
Programma:
Luciano Berio
Circles
Sequenza III per voce sola
Différences
Visage
Sequenza II per arpa
Altra Voce

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