Lo Spontini acerbo delle Metamorfosi di Pasquale

Se non fu l’esclusivista dei libretti delle farse veneziane, Giuseppe Maria Foppa, poco ci manca. Il Primo Protocollista dell’Imperial Regio Tribunale Criminale (adesso forse diremmo il Cancelliere Capo) – spinto dalla sua non resistibile vocazione per il teatro musicale – dai primi anni Novanta del Settecento e per un trentennio almeno ne scrisse una novantina, quasi la metà di quelli di cui si ha notizia. Se si considera il teatro di San Moisè, che fu il centro di questo genere alla moda nella capitale della ex repubblica Serenissima, sia in regime austriaco che durante il breve intermezzo napoleonico, il suo attivismo assume i contorni del vero e proprio monopolio: 76 libretti su un centinaio.

Oggi ricordato specialmente per la sua collaborazione con il brillantissimo giovanotto pesarese che dedicò al genere cinque gioielli fra il 1810 e il 1813, prima di spiccare il volo per la gloria (suoi i versi per il Rossini dell’Inganno felice, della Scala di seta e del Signor Bruschino), Foppa si trovò quindi a collaborare con la maggior parte dei musicisti pronti a misurarsi con la “drammaturgia sintetica” che incontrava il gusto del pubblico nei travagliati anni che seguirono la caduta della Serenissima. Una specie di “concentrato” che conservava all’interno delle dimensioni di un ampio atto unico i caratteri tipici specialmente dell’opera buffa: concertati, numeri d’insieme e un adeguato numero di arie solistiche.

Fu lui – quasi inevitabilmente – a incrociare la solitaria incursione in laguna di un giovane Gaspare Spontini, che dopo gli studi napoletani andava cercando fama nella penisola proprio nel genere buffo. Correva l’anno 1802, e dopo quell’esperienza (tutt’altro che esaltante) il compositore marchigiano avrebbe levato le tende dall’Italia per dirigersi a Parigi, dove avrebbe conosciuto fama ed onori assurgendo al ruolo di operista napoleonico “par excellence”, indicando nuove strade al melodramma italiano alla viglia della grande avventura romantica.

Fino a due anni fa, nei cataloghi spontiniani Le metamorfosi di Pasquale, o sia Tutto è illusione nel mondo erano annotate come “perdute”. In realtà, l’esistenza del manoscritto era stata variamente testimoniata durante l’Ottocento e dunque il suo ritrovamento nella biblioteca del castello di Ursel, nelle Fiandre, è una circostanza eccezionale e quanto mai felice ma non del tutto sorprendente, considerando la cura e l’attenzione con cui la vedova di Spontini aveva conservato e tramandato i documenti del marito.

Approntata nel giro di poco la revisione a cura di Federico Agostinelli per l’edizione della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Le metamorfosi di Pasquale hanno avuto la loro prima esecuzione in tempi moderni nella Venezia che aveva visto esordire questa farsa poi mai più rappresentata. Felice il debutto al teatro Malibran, salutato da cordialissimi applausi e insistenti chiamate alla fine.

La farsa di Foppa e Spontini è basata su un plot grottesco che serpeggia nella letteratura – ricorda nel libretto di sala Carlo Vitali – fin dal Quattrocento: le schermaglie amorose di due coppie si dipanano intorno a uno scambio di persona con relativo travestimento, per cui un “villano” sembra assurgere a dignità nobiliare. Le occasioni comiche non mancano, evidentemente, soprattutto per il contrasto fra il carattere e i modi del marchese per finta e il suo apparente lignaggio, come pure per la sua crescente consapevolezza di essere vittima di un gioco al quale è totalmente estraneo, fino alla burla conclusiva in chiave nettamente farsesca, con un ulteriore travestimento, questa volta da donna.

Spontini riveste la trama in uno stile comico napoletano ben curato, al quale non manca lo studio ma forse la brillantezza un po’ sì, anche se la vivacità ritmica è quella giusta e i colori sono assai ben delineati in orchestra, specialmente nei concertati e nei numeri d’insieme. Impossibile trovare tracce della virata creativa che giungerà di lì a poco in tutt’altro genere. Semmai si può osservare che una partitura come quella delle Metamorfosi di Pasquale, per una certa sua magniloquenza e per un eloquio che risulta discretamente “alto” anche se vorrebbe essere immediato e comunicativo, costituisce in qualche modo un “segnale” del fatto che l’arte di Spontini è pronta a trovare la sua strada in altro genere e in diversa e ben più monumentale temperie espressiva.

La riesumazione è guidata dal podio da Gianluca Capuano, che non esagera in sottigliezze dinamiche o dettagli di fraseggio, ma centra tempi e colori, grazie alla buona disposizione dell’orchestra della Fenice, e ottiene una chiarezza espressiva che serve anche a cogliere la non banale attenzione di Spontini per armonie assai flessibili nelle modulazioni.

Nella compagnia di canto spiccano il Pasquale di Andrea Patucelli, che unisce efficacia comica nel gesto scenico a una vocalità adatta al ruolo. Il ruolo centrale è quello della serva astuta Lisetta, cui il soprano Irina Dubrovskaya offre la leggerezza adeguata e una sostanziale tenuta nella zona alta della tessitura (al netto di qualche forzatura), che Spontini volentieri costeggia. Nel ruolo di Frontino, amoroso di Lisetta, Carlo Cecchi canta con buona disposizione stilistica anche se talvolta appare un po’ leggero nella zona bassa.

Funzionano anche gli altri, Francesco Basso (il barone), Giorgio Misseri (il marchese), il caricaturale Christian Collia (il cavaliere) e Michela Antenucci (Costanza). Nonostante sia uno specialista di farse veneziane, funziona assai meno lo spettacolo firmato da Bepi Morassi, con scene di Piero De Francesco e costumi di Elena Utenti e la collaborazione della scuola di scenografia dell’Accademia di belle Arti veneziana. Invece di cercare la semplicità e l’immediatezza di un gioco attoriale basato sui valori musicali, Morassi sceglie di ambientare la vicenda in un improbabile (scenograficamente) Cafè Chantant napoletano negli anni Venti, puntando sugli stereotipi gestuali e sull’affollamento di mimi e controscene. Molto di risaputo, niente di davvero comico – né farsa né commedia – in un quadro di scarsa chiarezza anche narrativa.

Si replica il 21, 23, 25 e 27 gennaio.

Cesare Galla

(Venezia, 19 gennaio 2018)

La locandina

Direttore & Clavicembalo Gianluca Capuano
Regia  Bepi Morassi
Scene e Costumi  Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Venezia
Scene Piero De Francesco
Costumi Elena Utenti
Lisetta Irina Dubrovskaya
Il marchese Giorgio Misseri
Costanza Michela Antenucci
Il cavaliere/ Un sergente Christian Collia
Frontino Carlo Checchi
Pasquale Andrea Patucelli
Barone Francesco Basso
Orchestra del Teatro La fenice

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