Vicenza: il velluto di Lisiecki esalta Chopin

Intervistato l’estate scorsa dal New York Times, in occasione dell’uscita della registrazione di tutti i Notturni di Chopin per la Deutsche Grammophon , il pianista canadese Jan Lisiecki aveva fatto professione di tradizionalismo: «Sono il tipo di persona che ama spedire cartoline scritte con la stilografica e telefonare usando la linea fissa e un apparecchio a disco». Sorprendente per un ragazzo di 27 anni, un brillante rappresentante della Generazione Y, un nativo digitale eccetera eccetera.

Il discorso, in realtà, partiva dalla richiesta di spiegare la scelta di presentare nel disco i Notturni in ordine strettamente cronologico, alla “maniera antica”. Sta di fatto che Lisiecki non si sente poi così “obbligato” a disporre le composizioni secondo il loro anno di nascita. Non quando si presenta in pubblico, almeno. Ne ha dato prova il densissimo recital che ha tenuto a chiusura della stagione della Società del Quartetto di Vicenza in un Teatro Comunale pressoché al completo.

Un “tutto Chopin” è già evento piuttosto raro, ma un “tutto Chopin” impaginato come ha fatto Lisiecki, oltre che raro è anche originale. E suggestivo, per quanto rischioso. Il “millennial del pianoforte” ha infatti incrociato i dodici Studi dell’op. 10, sbalorditiva affermazione giovanile del genio del compositore polacco, con una decina di Notturni, appunto, scelti con personalissima sensibilità, ora all’insegna della poetica dei contrasti, ora mettendo a fuoco arcane analogie, specialmente di suono e di clima psicologico. Ma senza riguardo alla loro data di composizione.

Certo, configurato in questo modo il programma ha finito per togliere almeno in parte agli Studi – pur presentati nel loro ordine abituale – la miracolosa coerenza dell’insieme, il senso del “percorso” sintetico che questi dodici pezzi realizzano, andando oltre la loro vocazione didattica e affermando una superiore forza creativa e una straordinaria tensione espressiva. Ma è anche vero che l’alternanza degli Studi con i Notturni ha permesso a Lisiecki di creare una sorta di inedito e modernissimo discorso su Chopin, disegnando un percorso nel quale i valori del suono, l’energia della declamazione e la poesia dell’introspezione salivano come una sorta di marea musicale, lasciando tracce suggestive quando il suono rifluiva, aprendo prospettive impensate, sempre affascinando per la sovrana eleganza, per l’intensità, per la profondità di un tocco che si esalta nel “legato vellutato” di cui questo interprete è giustamente accreditato (la definizione è del critico del New Yorker, Alex Ross).

Una serata impaginata anche con un certo senso “teatrale”, metaforicamente parlando: con un Finale d’atto e un Finale ultimo. La prima parte si è chiusa infatti sulle meditazioni assorte e sulle perorazioni drammatiche del Notturno in Do minore op. 48 n. 1 – come quasi tutti i pezzi di questo genere delineato da Lisiecki con tempi mai affrettati, inclini al dettaglio rivelatore; e il concerto ha avuto naturalmente come suggello il brillante e “marziale” Studio n. 12, quello intitolato “Rivoluzionario”, popolare ancorché carico di retorica. Qui la cordiale distanza, se si può usare questo ossimoro, che talvolta sembra attraversare il pianismo di Lisiecki è parsa una giusta mediazione espressiva. Senza dire che subito prima il clima tutto interiore dell’ultimo Chopin, una profondità che sgomenta e che sembra annunciare certi scenari del secolo della modernità, aveva trovato nell’esecuzione del Notturno opera postuma in Do diesis minore una poesia a fior di labbra insieme estenuata e dolorosa.

Misurato anche nei gesti, spesso a occhi chiusi non come concessione al luogo comune del pianista romantico da salotto, ma per l’esigenza della concentrazione, Lisiecki è sembrato dominare la materia musicale del suo programma con misura accurata e ricca di sottigliezze rivelatrici. Glielo ha riconosciuto il pubblico, salutandolo alla fine con grande calore (e una parziale standing ovation) e ottenendo un bis nel nome di Ignacy Paderewski: un Notturno che a onor del vero è parso una scolorita sinopia di quelli che si erano appena ascoltati.

A 27 anni, questo ragazzo è un interprete maturo e un professionista consapevole, anche oltre la musica. A metà della prima parte, fra un brano e l’altro, una petulante suoneria di telefonino ad alto volume si è fatta sentire a lungo prima di essere finalmente stoppata. Qualche suo illustre collega avrebbe dato in escandescenze, replicando irosamente, magari abbandonando il palcoscenico (è già accaduto…); lui si è quasi rannicchiato sulla tastiera, intento solo al suo raccoglimento, in attesa che tornasse il silenzio. Il breve incidente non ha turbato la sua prova e non gli ha impedito, alla fine, di rendersi disponibile a un piccolo bagno di folla nel foyer del teatro, fra il pubblico che usciva e che a sorpresa lo ha potuto ulteriormente festeggiare.

Cesare Galla
(22 maggio 2022)

La locandina

Pianoforte Jan Lisiecki
Programma:
Fryderyk Chopin
Studi e Notturni

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24 Maggio 2022 13:36

[…] perché non lo è, come ci ha spiegato nell’intervista che segue di poco il suo concerto (qui la recensione) alla Società del Quartetto di […]