Vicenza: l’Olimpico si addice alla Passione

L’immagine di Bach come pio Cantor, prima di tutto e soprattutto responsabile delle musiche da eseguire a tutte le feste comandate nelle due principali chiese di Lipsia, è stata da tempo e giustamente “smontata”. In realtà, questo sommo musicista era insofferente di polverose e antiche consuetudini rituali, e aveva l’occhio lungo nel cogliere quello che di nuovo anche nell’ambito della musica da chiesa si andava manifestando altrove nella Germania riformata. Una novità era, ad esempio, la cosiddetta Passione-Oratorio, che nel primo Settecento aveva realizzato la contaminazione fra la tradizione responsoriale e polifonica dei riti del Venerdì Santo e il nascente gusto melodrammatico, in equilibrio fra la severità teologica del genere sacro e la ricchezza degli “affetti” tipica dell’Aria, cuore dell’opera italiana.

Appena arrivato a Lipsia, nella primavera del 1724, Bach aprì subito a questa nuova tendenza, che in realtà nella seconda città della Sassonia faceva storcere il naso a molti. Era un modo di concepire le musiche per la Passione di Cristo che scompigliava le abitudini dei fedeli e piaceva assai poco ai leader religiosi e civili della comunità. Ancora nel decennio successivo, l’annotazione di uno storico locale di nome Christian Gerber, nel ricostruire le vicende delle cerimonie di chiesa in Sassonia, la dice lunga sulla questione: ««Si è anche cominciato a eseguire la storia della Passione, che prima ci si accontentava di cantare con semplicità e raccoglimento, nella maniera più artificiale, con ogni tipo di strumenti…».

A tre secoli esatti di distanza (la prima esecuzione avvenne il 7 aprile 1724), la Passione approntata da Bach per il suo debutto come Cantor di Lipsia in San Nicola, quella secondo il vangelo di Giovanni, continua a piacerci proprio per i motivi che sorprendevano in negativo gli ascoltatori dell’epoca: per la ricchezza dei colori strumentali che accompagnano e sostengono la narrazione, e per la potente soggettività di un musicista capace di piegare la logica melodrammatica delle Arie a un’espressività che percepiamo come umana prima ancora che spirituale.

Quel debutto nella Passione veniva da lontano, visto che probabilmente il compositore utilizzò materiale di una partitura di questo genere realizzata a Weimar diversi anni prima. Ed era destinato ad andare lontano in una logica esecutiva tipicamente barocca, cioè con modifiche, aggiunte, tagli diversi a seconda dell’occasione (e ne conosciamo almeno quattro, non facilmente riordinabili). Salda era e rimane la struttura generale: la narrazione evangelica è incorniciata fra due cori di formidabile forza espressiva, il primo dei quali prepara alle tragiche vicende che seguiranno con una scrittura di straordinario spessore contrappuntistico, l’ultimo si piega nella contemplazione del sepolcro di Cristo con una dolcezza da ninna-nanna che ha pochi eguali nella storia della musica occidentale. Fra questi estremi, la narrazione procede compatta, drammaticamente sbalzata nella multiformità del ruolo affidato al coro: delinea le vicende evangeliche con irruenza “teatrale”, ma prende le distanze da questo approccio nelle preghiere dei Corali, che contrappuntano gli eventi offrendo anche agli ascoltatori il salvagente di una meditazione spirituale piena di fede. Le Arie sono in tutto otto, e ad esse si aggiungono due Ariosi: sono i luoghi in cui il gusto strumentale di Bach trova una strada alternativa alla contemplazione delle questioni di fede: oboi di ogni tipo, flauti, viole da gamba e un ricco apparato per il basso continuo (che comprende anche il controfagotto) disegnano insieme alla voce un clima interiore dalle sfumature affascinanti. Senza contare che anche i recitativi, preponderanti nella narrazione, possono diventare luoghi di sbalorditiva drammaticità, fra madrigalismi e incessante ricerca della sottigliezza espressiva. E basterà citare quello alla fine della prima parte, in cui l’Evangelista racconta il pentimento di Pietro dopo che ha per tre volte rinnegato il Cristo e conclude dicendo “Allora Pietro si ricordò delle parole di Gesù, e, uscito fuori, pianse amaramente”. L’intensità è indescrivibile, certamente più commovente della pur magnifica Aria per tenore che segue.

Dopo averla eseguita al suo primo debutto, un paio di anni fa, l’orchestra giovanile con strumenti barocchi Frau Musika è tornata alla Johannes Passion in occasione appunto del tricentenario della prima esecuzione. L’anniversario si è sovrapposto all’ottantesimo dei tragici bombardamenti angloamericani sul Veneto con migliaia di vittime civili, del quale pure, nel nome di Bach, si è voluto fare memoria. Con gli auspici della Fondazione Cariverona, che sostiene dal primo momento il progetto ideato e guidato da uno specialista del Barocco come Andrea Marcon, la Passione è stata proposta in una breve tournée appunto in Veneto, con partenza a Feltre e arrivo al Teatro Olimpico di Vicenza dopo Verona e Treviso. La scena palladiana, dove l’abbiamo ascoltata, era l’unico luogo non sacro delle quattro tappe: in realtà, un’occasione per capire ancora meglio quanto la spiritualità di questa musica sia universale e profondamente umana e la sua religiosità vada ben oltre i muri di una chiesa.

Esecuzione ragguardevole da tutti i punti di vista. La formazione con strumenti originali – sistemata nella platea – si è proposta con suono ricco e di bella qualità, mobile dinamicamente, efficace nel dare vita all’ampia tavolozza disegnata da Bach, pronta al gesto partecipe di Marcon, che ha sottolineato con efficace adesione interpretativa la molteplicità espressiva di questo capolavoro. Considerazioni analoghe per l’ottimo Coro del Friuli-Venezia Giulia istruito da Cristiano Dall’Oste, collocato a semicerchio sulla scena. Si tratta di un gruppo di cantori equilibrato e compatto, stilisticamente e tecnicamente inappuntabile, capace di “indossare” le molteplici parti che Bach gli affida con adesione espressiva impeccabile e qualità timbrica tutta da gustare.

Nel gruppo dei solisti, in evidenza l’esemplare Evangelista disegnato dal tenore Raphael Höhn, l’essenza del canto barocco nella ricchezza di particolari dentro ai recitativi. Al suo fianco, bene il basso Christian Wagner, sia nei recitativi affidati al Cristo che nelle Arie e molto bene il soprano Gunta Smirnova, linea di canto di accattivante essenzialità fra lirismo e drammaticità, flessibile e coloristicamente seducente. Sara Mingardo ha dato alle parti contraltili la sua sempre ammirevole sapienza stilistica e la sua musicalità profonda, partecipe, interiorizzata, mentre l’altro tenore Jakob Pilgram si è proposto con sorvegliata immediatezza.

Teatro Olimpico colmo di pubblico. Alla fine, dopo una lunga silenziosa pausa di meditazione, espressamente richiesta da Marcon prima dell’inizio, i lunghissimi e calorosi applausi hanno sottolineato questa riuscita esecutiva di notevole risalto.

Cesare Galla
(8 aprile 2024)

La locandina

Direttore Andrea Marcon
Soprano Gunta Smirnova
Contralto Sara Mingardo
Tenore Evangelista Raphael Hohn
Tenore Jakob Pilgram
Basso Christian Wagner
Orchestra Frau Musika
Coro del Friuli Venezia Giulia
Maestro del coro Cristiano Dall’Oste
Programma:
Johann Sebastian Bach
Passione secondo Giovanni BWV 245

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