Milano: Mahler alla ricerca di Dio

Concerto dopo concerto siamo giunti a metà del Festival Mahler con il programma presentato dall’Orchestra della Toscana insieme ad elementi dell’Orchestra Giovanile Italiana: il mezzosoprano Sophie Harmsen canta i Kindertotenlieder e la Quarta Sinfonia di Gustav Mahler sotto la direzione di Markus Stenz.

I cinque brani che costituiscono i Kindertotenlieder e aprono il concerto, segnano l’abbandono della principale fonte d’ispirazione per Mahler che era stata l’antologia Des Knaben Wunderhorn di Arnim e Brentano a favore delle poesie di Friedrich Rückert. I canti per i bambini morti furono scritti da Rückert per trasfigurare il dolore per la morte dei propri figli. Mahler li completò nel 1904 e tre anni più tardi la sua primogenita moriva di scarlattina e difterite, gli stessi mali che avevano stroncato i figli di Rückert. Il senso del ciclo è dato dal percorso emotivo che passa dallo sconcerto ad una apparente rassegnazione, attraversando dolore, rimpianto, presentimento e paura. Mahler crea un’ambientazione sospesa in uno spazio atemporale usando l’orchestra, non di certo piccola, in modo cameristico e facendo emergere singoli strumenti o piccoli gruppi: il glockenspiel, l’oboe, il corno inglese, l’arpa, la celesta. La sensibilità musicale del compositore viennese si era tramutata in una sorta di capacità profetica degli accadimenti più tragici della propria esperienza personale.

La Harmsen è vocalmente potente, raffinata ed elegante. La voce è ben presente dal registro grave fino agli acuti. L’impressione, tutta da verificare, è che Stenz e il mezzosoprano abbiano già lavorato insieme in precedenza, tanto pare affiatata l’intesa tra i due in un continuo scambio di sguardi per aspettarsi, rubare, rallentare. Il direttore tedesco possiede questo repertorio come pochi direttori riuscendo a trasmettere all’ORT, che è una formazione che non ha una assidua frequentazione di questo compositore per semplici questioni di organico, una sicurezza e un approccio interpretativo autorevole. La formazione toscana, dal canto suo, si dimostra sicuramente tra le migliori orchestre regionali italiane.

Nella seconda parte la tanto attesa Quarta che conclude il gruppo di sinfonie dette del Wunderhorn.

Si tratta della sinfonia più breve e di quella dall’organico più contenuto: non ci sono infatti i raddoppi dei fiati e mancano tromboni e tuba. Il celebre inizio con i sonagli da slitta apre spazi nuovi e non uditi prima in Mahler, che qui cerca un discorso musicale più lineare rispetto alle sinfonie precedenti. Il secondo movimento è uno Scherzo in più parti alla fine del quale Mahler ci presenta con tutta l’eleganza del caso una danza macabra con il Konzertmeister che suona due strumenti di cui uno scordato per creare un’ambientazione stridente e grottesca. Stenz evidenzia magnificamente la sensazione di un incessante girare a vuoto di questa sorta di danza satanica conclusiva. Meravigliosa in questo frangente la prova della neo-spalla dei violini primi dell’ORT Giacomo Bianchi. Il tempo lento successivo è un mondo di colori e ambientazioni dove affetto, rassegnazione, speranza, sconforto, luce e dolore si mescolano in un viaggio di oltre venti minuti con continui incastri e variazioni del materiale, dove un semplice accompagnamento in pizzicato dei contrabbassi in apertura di movimento, diventa pretesto e causa nell’impennata emotiva prima del Finale dove assurge ad elemento tematico prima di anticipare il tema che sarà del Lied posto a chiusura della sinfonia: “Das himmlische Leben” (la vita celestiale). Quella che sembra all’apparenza una conclusione metafisica e celestiale risulta, a guardar bene, poca cosa: il testo parla di danze di angeli e di vino gratis, del pane nel forno, dei frutti della terra. Questa ambivalenza emerge nell’umorismo amaro del testo avvolto nella serenità di un mondo superiore.

Se Anton Bruckner dedicò tutta la sua produzione a Dio, Gustav Mahler possiamo dire che la dedicò alla ricerca di Dio condividendo l’interessante opinione del direttore israeliano Lahav Shani. Con questo finale, la Vita celestiale, raggiungiamo un primo approdo di questa ricerca che dall’eroe-Titano della prima, ci ha portato alla sua Resurrezione, all’Amore della Terza e che con la sinfonia successiva e poi con la sesta prenderà una strada diversa con un repentino e drastico cambio di prospettiva. Stenz nel suo concertare senza bacchetta ci pone davanti la partitura senza troppe barriere; alcune scelte di evidenziare determinate voci degli ottoni o di condurre alcune dinamiche sono piuttosto inusuali e a tratti spiazzanti ma nel complesso dell’esecuzione estremamente convincenti nella loro ambiguità. Sophie Harmsen, invece, ci mostra l’altro lato della medaglia della sua vocalità ovvero la parte più acuta. La grande estensione le consente di affrontare anche questa sinfonia senza alcuna difficoltà con un con un colore che è un giusto compromesso su due partiture che hanno necessità diverse. La fine del concerto ci lascia in una condizione incerta, poggiati su qualcosa di instabile che al momento ci sostiene ma che dà la sensazione di poter cedere da un momento all’altro.

Il merito di questo stato d’animo è sicuramente da attribuire all’orchestra e a Markus Stenz che con un lavoro di grande spessore musicale ed umano sono riusciti a scavare due pagine al contempo note e delicate mettendoci a disposizione un ascolto spiritualmente profondo e un’esperienza di crescita personale.

Luca Di Giulio
(3 novembre 2023)

La locandina

Direttore Markus Stenz
Mezzosoprano Sophie Harmsen
Orchestra della Toscana
Orchestra Giovanile Italiana
Programma:
Gustav Mahler
Kindertotenlieder per voce e orchestra
Sinfonia n. 4 in Sol maggiore

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