Georges Delnon firma per il Comunale di Bologna – in coproduzione con la Staastoper Hamburg – un Fidelio di assoluta insipienza, in cui le nevrosi accentuate di ciascun personaggio non portano nulla alla drammaturgia, sminuendone anzi i fondamenti più profondi.
La passione muove la storia umana. È una declamazione che ha il gusto retorico di un’intervista di Marzullo o, peggio ancora, di Fabio Fazio.
Però è vera, se pensiamo, ad esempio, alla genuina passione che ispira le persone che rendono possibile l’esperienza di VoceAllOpera e il sogno che la ispira: portare l’opera fuori dai circuiti oziosi di quelli “che ben pensano” per portarla nelle periferie dell’umano
Un cielo plumbeo e un mare livido proiettati su uno schermo lungo tutto il palcoscenico, una spiaggia ferrosa e a separarli un recinto di ferro al quale s’aggrappa, immobile, la massa di prigionieri troiani, infreddoliti nei loro piumini variopinti e disperati come i migranti che sbarcano dal Mediterraneo sulle nostre coste e che figurano in carne ed ossa come comparse selezionate fra i rifugiati della Comunità di Sant’Egidio per un programma di inserzione sociale.