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Abituati come siamo ai programmi molto coesi e “collegati” che Alexander Lonquich è solito proporre ai suoi ascoltatori (sia che sieda da solo al pianoforte, sia che faccia musica da camera o salga sul podio), c’era da restare sorpresi nel leggere la locandina del concerto che lunedì lo ha visto protagonista insieme all’Orchestra del Teatro Olimpico al Comunale di Vicenza.

Nel corso di un lungo viaggio in Europa, compiuto in qualità di “inviato speciale” per la musica del re di Svezia, Joseph Martin Kraus – compositore di nascita tedesca che aveva scelto il paese nordico come seconda patria – si fermò a Vienna per alcuni mesi.

Nella stessa Inghilterra in cui Händel aveva portato a tardiva ma eccezionale rifioritura, nel 1739, l’ormai desueto Concerto Grosso, nasceva all’inizio del secolo scorso un singolare, isolato ma fascinoso esempio di analoga definizione strumentale, se non formale. L’Introduzione e Allegro op. 47 di Edward Elgar (1904) costituiscono in effetti una riproposizione della concezione barocca pre-solistica […]

Un insolito tutto-Prokof’ev ha concluso la stagione dell’Orchestra del Teatro Olimpico. Fermamente voluto da Enrico Bronzi, direttore e violoncello solista (che ha pubblicamente ringraziato la formazione giovanile vicentina per la disponibilità), il programma allineava composizioni tutt’altro che frequenti nelle sale da concerto, probabilmente mai eseguite prima a Vicenza.

Schumann si addice all’Orchestra del Teatro Olimpico. Nella serata in cui campeggiava la Quinta di Beethoven – omaggio sintomatico, visto che il concerto si è tenuto esattamente nel giorno anniversario della morte del gigante tedesco (26 marzo 1827) – l’orchestra giovanile vicentina ha trovato e dato il meglio al cospetto della Quarta schumanniana.

Il terzo concerto nell’annata dell’Orchestra del Teatro Olimpico si presentava con un programma elegante e tutto sommato coerente con i precedenti appuntamenti, specialmente con quello inaugurale, che aveva proposto pagine decisive dell’ultimo Mozart, compresa la Sinfonia in Do maggiore, K. 551.

Alexander Lonquich sta dimostrando di non essere solo un grande pianista e un talentuoso direttore d’orchestra, ma anche un accorto “fabbricante” di quei piccoli universi musicali che sono – dovrebbero essere – i programmi dei concerti.