Il confronto rende chiaro, insomma, che in questo inizio di 2020 l’orchestra giovanile vicentina sta compiendo un’esperienza straordinaria: esattamente come accade nelle grandi istituzioni stabili, deve passare da un’epoca all’altra, da uno stile all’altro. Cambiare panorami musicali, affrontare “salite” che richiedano un impegno complesso e sempre diverso.
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Per l’occasione da Berlino è arrivata a tirare le fila dell’esecuzione e soprattutto a coordinare la preparazione la violinista Antje Weithaas, che non ha mai abbandonato il fido archetto assumendosi quindi il ruolo di “konzertmeisterin”, di concertatrice senza podio.
Abituati come siamo ai programmi molto coesi e “collegati” che Alexander Lonquich è solito proporre ai suoi ascoltatori (sia che sieda da solo al pianoforte, sia che faccia musica da camera o salga sul podio), c’era da restare sorpresi nel leggere la locandina del concerto che lunedì lo ha visto protagonista insieme all’Orchestra del Teatro Olimpico al Comunale di Vicenza.
Nel corso di un lungo viaggio in Europa, compiuto in qualità di “inviato speciale” per la musica del re di Svezia, Joseph Martin Kraus – compositore di nascita tedesca che aveva scelto il paese nordico come seconda patria – si fermò a Vienna per alcuni mesi.
n robusto programma sinfonico – cronologicamente disteso lungo quasi un secolo – ha concluso la stagione dell’Orchestra del Teatro Olimpico al Comunale di Vicenza.
Nella stessa Inghilterra in cui Händel aveva portato a tardiva ma eccezionale rifioritura, nel 1739, l’ormai desueto Concerto Grosso, nasceva all’inizio del secolo scorso un singolare, isolato ma fascinoso esempio di analoga definizione strumentale, se non formale. L’Introduzione e Allegro op. 47 di Edward Elgar (1904) costituiscono in effetti una riproposizione della concezione barocca pre-solistica […]
La scoperta del jazz da parte della musica cosiddetta “colta” ha avuto nel Novecento momenti di grande fervore creativo, dalle risonanze avanguardistiche, se non rivoluzionarie. Eppure, è difficile considerare questo capitolo come qualcosa di decisivo nella tormentata e complessa vicenda della musica moderna e post-moderna.
Un insolito tutto-Prokof’ev ha concluso la stagione dell’Orchestra del Teatro Olimpico. Fermamente voluto da Enrico Bronzi, direttore e violoncello solista (che ha pubblicamente ringraziato la formazione giovanile vicentina per la disponibilità), il programma allineava composizioni tutt’altro che frequenti nelle sale da concerto, probabilmente mai eseguite prima a Vicenza.
Alexander Lonquich, il direttore musicale della Oto, non è soltanto un superbo interprete del Classicismo viennese. Coltiva anche una vocazione schumanniana sia come solista al pianoforte che come camerista e naturalmente come bacchetta.
Il terzo concerto nell’annata dell’Orchestra del Teatro Olimpico si presentava con un programma elegante e tutto sommato coerente con i precedenti appuntamenti, specialmente con quello inaugurale, che aveva proposto pagine decisive dell’ultimo Mozart, compresa la Sinfonia in Do maggiore, K. 551.
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