Simone Derai – assistito da Marco Menegoni e Monica Tonietto per la regia, da Freddy Mason per le scene oltre che dalle luci di Fiammetta Baldiserri – affronta il dittico monteverdiano confermando ove ce ne fosse bisogno la linea interpretativa ed estetica che fa di Anagoor una delle realtà più interessanti del teatro, non solo in musica, del nostro tempo.

Robert Carsen – insieme al drammaturgo Ian Burton – mostra ancora una volta la sua capacità di totale comprensione del testo, inteso nella sua interezza di “logos” e “melos”, e della sua conseguente resa.

Nel caso di Gayral, però, il problema è che prende troppo alla lettera un testo che dalla lettera sfugge ogniqualvolta Vivaldi ci mette del suo, il che avviene spesso.

Ovvio che uno spettacolo concepito nel 1981 non è più attuale -ma va?- ma all’epoca fu contemporaneo e face riflettere e discutere, e oggi, per buona pace di chi non ci vuole credere, funziona ancora.

In quattro serate, dal 25 al 28 giugno, sui palchi del Ravenna Festival si sono succeduti settanta attori, un gruppo di cantanti e strumentisti armeni, un’orchestra sinfonica, un quartetto e tre celebri solisti: spaccato casuale di una rassegna dalla vocazione multidisciplinare […]

Che Thomas Borchert sia una star non ci sono dubbi. Austria, Germania e Svizzera lo amano alla follia, compositori come Frank Wildhorn hanno scritto spettacoli per la sua voce, quindi non stupisce che sia davvero un fuoriclasse. Eppure coloro che sono arrivati al Rossetti, martedì sera, non avrebbero mai potuto arrivare preparati per un concerto come quello che hanno visto.

Europa_Galante

Una lettura piuttosto minimalista che Le Moli dichiara funzionale e strumentale alla sua visione: uno specchio su cui riflettiamo, immaginiamo, ma anche il simbolo di un contrasto senza soluzione. lo specchio.

In ogni caso, questi elementi visuali (realizzati da D-Wok) si sono misurati sempre con una presenza tutto sommato piuttosto ingombrante di elementi scenografici provenienti dal magazzino areniano, “egizi” in senso assai generico […]

Mentre si spegnevano gli applausi dopo il coro “Inneggiamo, il signor non è morto”, uno spettatore sulle gradinate ha fatto sentire con voce potente poche ma sentite parole: “Mandate via il drone”. E si è preso la sua dose di applausi

L’opera ritorna alla Fenice dopo quasi un anno – duecentocinquanta giorni per la precisione – di attività limitata ai soli concerti con un titolo monstre per il teatro veneziano, ovvero quel Faust di Gounod che, per una curiosa coincidenza o forse per le trame del destino, è stato rappresentato alla ripresa dell’attività dopo interruzioni traumatiche delle stagioni liriche in laguna.

Bonato, il cui lavoro appare fin da subito certosino e al contempo acuto nel cogliere sia le potenzialità che gli inevitabili limiti della compagine orchestrale – i pregi comunque superano di gran lunga i “difetti” – sceglie impaginati tanto impervi quanto stimolanti impegnandosi in una sfida alla fine vinta senza compromessi.

Ne è uscita un’Aida di forte connotazione sinfonica, che forse inevitabilmente – il tempo per le prove non basta mai, specialmente dentro all’anfiteatro – è andata mettendo a fuoco le sue caratteristiche man mano che la notte avanzava,

Un contesto suggestivo in cui, tra gli oltre 150 eventi – tra concerti, incontri e percorsi d’approfondimento in luoghi suggestivi come Palazzo Ducale, Palazzo Te, Palazzo Castiglioni e Rotonda di San Lorenzo – hanno spiccato i due concerti dell’Ilumina Octet.

Quello di Fuentes per la stagione della Fondazione Haydn è un esempio assai ben realizzato di teatro globale che poggia su una solida base musicale calata in uno spazio scenico efficace nella sua essenzialità in cui si muovono due personaggi reali e uno virtuale.

La scelta dell’edizione Zero del neonato Festival Toscanini è quella intrigante della riproposizione di impaginati cari al dedicatario, tra grande repertorio e musica in certa qual maniera oggi poco frequentata ove non dimenticata.