Un pubblico scelto, al quale il direttore d’orchestra si è rivolto con un risoluto appello.

Tutto questo non sarebbe però stato possibile senza due cantanti palesemente a loro agio nell’opera come Szemerédy e Schöck. A loro agio non solo nella lingua, per evidenti ragioni biografiche, ma anche nel repertorio.

La morbidezza che l’Orchestra del Maggio è riuscita a raggiungere sotto la sua bacchetta ha esaltato una cantabilità sobria e intensa

Il portamento elegante e calmo con cui fa la sua entrata sul palco e raccoglie i saluti del pubblico contrasta nettamente con l’immediatezza e la sicurezza con le quali attacca il primo brano di questo recital interamente chopiniano, l’Impromptu Op.51, in Sol bemolle maggiore, il terzo scritto dal compositore polacco.

Carlus Padrissa, per il suo allestimento al Maggio Musicale Fiorentino, decide di raccontare una personale versione dei fatti attraverso la visione metafisica di David Lewis che ipotizza un mondo ove coesistano contemporaneamente presente passato e futuro e in cui è vero tutto e il suo contrario; ogni cosa converge però in un unico punto di fuga prospettico capace di sintetizzare la visione.

Per queste esecuzioni, l’Accademia Bizantina ha usato gli stessi strumenti ad arco che impiega per la musica barocca, ma con un arco intermedio tra quello settecentesco e quello moderno, un po’ più pesante del primo e più leggero dell’altro.

Era lo spettacolo inaugurale del trentaduesimo Ravenna Festival, Teodora. Scalata al cielo in cinque movimenti, di Mauro Montalbetti su libretto di Barbara Roganti. Un’opera da camera in prima assoluta, commissionata per l’occasione e concepita espressamente per lo spazio di San Vitale.

Chi ha assistito al concerto di sabato 5 giugno all’Auditorium Parco della Musica ha vissuto senz’altro un’esperienza esplosiva.

L’Orchestra UniMi, dopo un’intera stagione concertistica in streaming apre le porte al pubblico per l’ultimo concerto in programma. In cartellone opere di Kraggerud, Liszt e Schumann. Sul podio il direttore messinese Antonino Fogliani e al pianoforte la campana Mariangela Vacatello.

È stata una maratona di parole e musica, una serata lunga come se assistessimo all’Oro del Reno.

Tecnicamente il gesto si fa più lineare, l’approfondimento delle partiture e la conoscenza dell’orchestra portano a saper toccare le sezioni negli snodi essenziali ottenendo in questo modo un discorso musicale fluido e dinamico.

La compagnia di canto è di quelle che una volta si sarebbe definita “discografica”, fatta di divi capaci di porsi interamente al servizio della musica con l’umiltà che è propria solo dei grandi.

Salzburger_Festspiele

Sugli scudi l’intera compagnia di canto, con in testa Filippo Mineccia che disegna un Cain tormentato  e fragile attraverso un canto fatto di mille sfumature e infiniti colori. Per lui un trionfo, meritatissimo, di pubblico.

La protagonista si ritrova combattuta tra le lusinghe del Piacere che la trascina in un mondo effimero e omologato fatto di sarti e truccatori, tra discoteche, “amici” plaudenti e incontri effimeri e i consigli – anche sottoforma di sedute psicoanalitiche – di Tempo e Disinganno.

Giunge finalmente il momento della riapertura al pubblico anche per l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano che ospita il direttore polacco Krzysztof Urbański ed il pianista croato Dejan Lazić. In programma pagine di Beethoven e Mozart: l’Ouverture in do minore Coriolano op.62, il Concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore K.488 e la Sinfonia n.1 in do maggiore op.21.