Mettere per la prima volta l’orecchio su una prima esecuzione e poter trarne una recensione richiede il tempo che a volte non si ha. Così succede che una recensione stazioni sul desktop del proprio computer numerosi giorni prima di prendere forma definitiva in attesa che quel brano, Music for ensemble and orchestra di Steve Reich (2018), sedimenti e trovi la sua giusta collocazione all’interno del programma del concerto e della recensione stessa.

Nel caso di questa Traviata, c’è un taglio generico-generalista, nel quale non lascia traccia degna di nota neanche la scelta di collocare la vicenda mentre sta sbocciando la Belle Époque […]

Chandos

Francesca Dego, violini-star di rango, si pone esattamente alla pari con il “Cannone” nel CD della Chandos registrato nel 2019 a Genova in quel Palazzo Tursi dove il violino monstre è conservato e da cui non esce mai.

Simone Derai – assistito da Marco Menegoni e Monica Tonietto per la regia, da Freddy Mason per le scene oltre che dalle luci di Fiammetta Baldiserri – affronta il dittico monteverdiano confermando ove ce ne fosse bisogno la linea interpretativa ed estetica che fa di Anagoor una delle realtà più interessanti del teatro, non solo in musica, del nostro tempo.

Robert Carsen – insieme al drammaturgo Ian Burton – mostra ancora una volta la sua capacità di totale comprensione del testo, inteso nella sua interezza di “logos” e “melos”, e della sua conseguente resa.

Nel caso di Gayral, però, il problema è che prende troppo alla lettera un testo che dalla lettera sfugge ogniqualvolta Vivaldi ci mette del suo, il che avviene spesso.

Ovvio che uno spettacolo concepito nel 1981 non è più attuale -ma va?- ma all’epoca fu contemporaneo e face riflettere e discutere, e oggi, per buona pace di chi non ci vuole credere, funziona ancora.

In quattro serate, dal 25 al 28 giugno, sui palchi del Ravenna Festival si sono succeduti settanta attori, un gruppo di cantanti e strumentisti armeni, un’orchestra sinfonica, un quartetto e tre celebri solisti: spaccato casuale di una rassegna dalla vocazione multidisciplinare […]

Che Thomas Borchert sia una star non ci sono dubbi. Austria, Germania e Svizzera lo amano alla follia, compositori come Frank Wildhorn hanno scritto spettacoli per la sua voce, quindi non stupisce che sia davvero un fuoriclasse. Eppure coloro che sono arrivati al Rossetti, martedì sera, non avrebbero mai potuto arrivare preparati per un concerto come quello che hanno visto.

Europa_Galante

Una lettura piuttosto minimalista che Le Moli dichiara funzionale e strumentale alla sua visione: uno specchio su cui riflettiamo, immaginiamo, ma anche il simbolo di un contrasto senza soluzione. lo specchio.

In ogni caso, questi elementi visuali (realizzati da D-Wok) si sono misurati sempre con una presenza tutto sommato piuttosto ingombrante di elementi scenografici provenienti dal magazzino areniano, “egizi” in senso assai generico […]

Mentre si spegnevano gli applausi dopo il coro “Inneggiamo, il signor non è morto”, uno spettatore sulle gradinate ha fatto sentire con voce potente poche ma sentite parole: “Mandate via il drone”. E si è preso la sua dose di applausi

L’opera ritorna alla Fenice dopo quasi un anno – duecentocinquanta giorni per la precisione – di attività limitata ai soli concerti con un titolo monstre per il teatro veneziano, ovvero quel Faust di Gounod che, per una curiosa coincidenza o forse per le trame del destino, è stato rappresentato alla ripresa dell’attività dopo interruzioni traumatiche delle stagioni liriche in laguna.

Un biglietto da visita ben concepito quello del cantante mantovano, con un excursus interessante in tra pagine note e ammiccamenti a repertori meno battuti.

Bonato, il cui lavoro appare fin da subito certosino e al contempo acuto nel cogliere sia le potenzialità che gli inevitabili limiti della compagine orchestrale – i pregi comunque superano di gran lunga i “difetti” – sceglie impaginati tanto impervi quanto stimolanti impegnandosi in una sfida alla fine vinta senza compromessi.