Ne è uscita un’Aida di forte connotazione sinfonica, che forse inevitabilmente – il tempo per le prove non basta mai, specialmente dentro all’anfiteatro – è andata mettendo a fuoco le sue caratteristiche man mano che la notte avanzava,

Un contesto suggestivo in cui, tra gli oltre 150 eventi – tra concerti, incontri e percorsi d’approfondimento in luoghi suggestivi come Palazzo Ducale, Palazzo Te, Palazzo Castiglioni e Rotonda di San Lorenzo – hanno spiccato i due concerti dell’Ilumina Octet.

Nella voce di Divito non vi è traccia di artificio, l’estensione è quella di un soprano naturale sulla quale si incardina una tecnica di assoluto pregio, con agilità sempre nitide e ricchezza d’interpretazione.

Quello di Fuentes per la stagione della Fondazione Haydn è un esempio assai ben realizzato di teatro globale che poggia su una solida base musicale calata in uno spazio scenico efficace nella sua essenzialità in cui si muovono due personaggi reali e uno virtuale.

La scelta dell’edizione Zero del neonato Festival Toscanini è quella intrigante della riproposizione di impaginati cari al dedicatario, tra grande repertorio e musica in certa qual maniera oggi poco frequentata ove non dimenticata.

Un pubblico scelto, al quale il direttore d’orchestra si è rivolto con un risoluto appello.

Tutto questo non sarebbe però stato possibile senza due cantanti palesemente a loro agio nell’opera come Szemerédy e Schöck. A loro agio non solo nella lingua, per evidenti ragioni biografiche, ma anche nel repertorio.

La morbidezza che l’Orchestra del Maggio è riuscita a raggiungere sotto la sua bacchetta ha esaltato una cantabilità sobria e intensa

Il portamento elegante e calmo con cui fa la sua entrata sul palco e raccoglie i saluti del pubblico contrasta nettamente con l’immediatezza e la sicurezza con le quali attacca il primo brano di questo recital interamente chopiniano, l’Impromptu Op.51, in Sol bemolle maggiore, il terzo scritto dal compositore polacco.

Carlus Padrissa, per il suo allestimento al Maggio Musicale Fiorentino, decide di raccontare una personale versione dei fatti attraverso la visione metafisica di David Lewis che ipotizza un mondo ove coesistano contemporaneamente presente passato e futuro e in cui è vero tutto e il suo contrario; ogni cosa converge però in un unico punto di fuga prospettico capace di sintetizzare la visione.

Per queste esecuzioni, l’Accademia Bizantina ha usato gli stessi strumenti ad arco che impiega per la musica barocca, ma con un arco intermedio tra quello settecentesco e quello moderno, un po’ più pesante del primo e più leggero dell’altro.

Era lo spettacolo inaugurale del trentaduesimo Ravenna Festival, Teodora. Scalata al cielo in cinque movimenti, di Mauro Montalbetti su libretto di Barbara Roganti. Un’opera da camera in prima assoluta, commissionata per l’occasione e concepita espressamente per lo spazio di San Vitale.

Chi ha assistito al concerto di sabato 5 giugno all’Auditorium Parco della Musica ha vissuto senz’altro un’esperienza esplosiva.

L’Orchestra UniMi, dopo un’intera stagione concertistica in streaming apre le porte al pubblico per l’ultimo concerto in programma. In cartellone opere di Kraggerud, Liszt e Schumann. Sul podio il direttore messinese Antonino Fogliani e al pianoforte la campana Mariangela Vacatello.

È stata una maratona di parole e musica, una serata lunga come se assistessimo all’Oro del Reno.