Giunto alla quarta edizione il “Premio Pia Baschiera Tallon – Educare alla musica” nasce come riconoscimento a musicisti, didatti e musicologi che dedicano la loro arte e la loro attività alle nuove generazioni, coltivandone il talento e la passione per la musica.

Dodici anni e dimostrarli un po’; tanti ne ha l’allesimento delle Nozze di Figaro firmato da Mario Martone. Se al suo primo apparire tutto sembrava fresco e a posto, oltre che del tutto coerente con lo spirito del capo d’opera mozartiano oggi, rivedendolo per la quarta volta, qualcosa ci sembra non funzionare più così bene.

onostante i ritmi frenetici delle stagioni meneghine, i milanesi sanno concedersi delle oasi di puro ascolto contemplativo. La settimana santa ambrosiana, infatti, da qualche anno è arricchita da un appuntamento ormai entrato nel solco della tradizione: l’esecuzione delle Passionsmusik bachiane a cura dell’Ensemble laBarocca, diretta dall’esperta bacchetta del maestro Ruben Jais.

L’ Icarus Ensemble, gruppo di Reggio Emilia specializzato nell’esecuzione di musica contemporanea, ha prestato la strumentazione con una formazione comprensiva di pianoforte, clarinetto, oboe, fagotto e flauto con la capacità di mettere assieme ragazzi del gruppo junior con esecutori di comprovata esperienza: il programma e il loro sito non danno i nomi.

Schumann si addice all’Orchestra del Teatro Olimpico. Nella serata in cui campeggiava la Quinta di Beethoven – omaggio sintomatico, visto che il concerto si è tenuto esattamente nel giorno anniversario della morte del gigante tedesco (26 marzo 1827) – l’orchestra giovanile vicentina ha trovato e dato il meglio al cospetto della Quarta schumanniana.

Prosegue a Trieste la stagione lirica 2018 al teatro Verdi con il gradito ritorno della Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti nel consolidato allestimento di Giulio Ciabatti datato 1999 e riproposto nel 2011, a dimostrazione che se una produzione risulta funzionale e riuscita, si può recuperare anche a costo ricorrere nel già visto ma non certamente del già ascoltato […]

Sono molto rare le occasioni per ascoltare Hérodiade di Jules Massenet, l’opera tragica in quattro atti su libretto di Paul Milliet e Henri Grémont, ispirato all’ultimo dei “Trois Contes” di Gustave Flaubert che a sua volta s’ispirò al racconto biblico. In Francia mancava dal 2001, quando l’Opéra di Saint-Etienne che adesso la coproduce con quella di Marsiglia, la mise in cartellone per presentare l’allora astro nascente Alexia Cousin in Salome.

Il castello di Barbablù di Béla Bartok e La voce umana di Francis Poulenc sono i due titoli che anche nel corso della stagione 2017/2018 l’Opéra National di Parigi abbina nella storica sala di Palais Garnier. In comune i due lavori hanno una cosa sola: la brevità.

Nel cinquantesimo anniversario della morte di Mario Castelnuovo-Tedesco LaVerdi ricorda il compositore fiorentino con un raffinato programma dedicato al Novecento italiano. In sala la nipote Diana Castelnuovo-Tedesco.

Ora Benvenuto Cellini fa il suo ritorno sul palcoscenico maggiore della Ville Lumière, che alla prima l’ha accolto con tutti gli onori, nell’allestimento di Terry Gilliam che debuttò nel 2014 alla English National Opera di Londra e che si è visto anche ad Amsterdam e all’Opera di Roma.

Beethoven è in ritardo di quasi un anno. Naturalmente, lo si dice per gusto del paradosso. Uno avanti come Ludwig van, per definizione non può essere in ritardo: anzi, appare quasi sempre in anticipo, sul quadrante della storia e a maggior ragione su quello della musica. Molto più semplicemente, il ritardo è di Filippo Gamba, l’eccellente pianista veronese cui la Società del Quartetto di Vicenza ha affidato l’esecuzione delle integrale delle Sonate per pianoforte del genio tedesco.

Pierre Boulez, lo stesso che definì Shostakovich “un succedaneo di Mahler” e Poulenc “musicista da confetteria”, di Gian Carlo Menotti aveva un’idea ancora più sbrigativa: “un Puccini dei poveri”. Certi stigmi, duri a morire, andrebbero lavati a candeggina, non foss’altro che per il loro implicito potere dissuasivo nei confronti dei teatri che potrebbero scommettere su repertori poco frequentati, ma che temono al contempo pesanti diserzioni.

Già rappresentato al Covent Garden nella stagione 2015-2016, e vincitore in quell’occasione di un Olivier Award, il bell’allestimento di Damiano Michieletto e Paolo Fantin di Cavalleria rusticana e Pagliacci rinasce ora a Bruxelles sulla scena del ritrovato Théâtre Royal de La Monnaie.

Il divificio in cui quasi tutti i pianisti entrano per assimilazione o per contrasto (gli antidivi sono divi due volte) non ha ancora convocato il ventinovenne Antonii Baryshevskyi, apparso alla Fazioli Hall di Sacile il 16 marzo. E se l’ha fatto non ha mai ricevuto risposta da questo pianista ucraino di nascita e di residenza, che pare non aver la minima intenzione di lasciare Kiev per trasferirsi nella piattaforma mitteleuropa spesso necessaria al decollo delle carriere.

La Royal Opera House di Londra ha aperto la stagione primaverile 2018 con un’opera mai rappresentata prima al Covent Garden: “Da una casa dei morti” di Leos Janacek. Purtroppo la grande attesa per quest’opera tratta dal racconto autobiografico di Dostoevskij è stata delusa. Stando agli scarsi applausi del pubblico, si ha l’impressione che “Da una casa dei morti” non sarà più rappresentata per molti anni in questo teatro.