Buona la terza, al Rossetti per un concerto intitolato West End Sessions che ha portato sul palco dello Stabile del Friuli Venezia Giulia due fuoriclasse come Daniel Koek e Kerry Ellis.

Ci sono concerti difficili da raccontare, soprattutto quando l’unione perfetta tra programma, esecutori e luogo costringono l’ascoltatore a metteresti in qualche maniera a nudo facendo fluire la musica sino a permetterle di penetrare fin nell’intimo più celato ponendo in discussione certezze e convinzioni.

Dopo un anno e mezzo di pandemia, Il Teatro dell’Opera di Roma riapre le porte per accogliere il suo pubblico col teatro pieno, rimettendo in scena, per la prima volta dal 1972, la Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi.

Tutto questo, e anche di più, si è apprezzato nell’esecuzione concertante – in realtà a tutti gli effetti una calibratissima mise en espace – proposta da Emiliano Gonzales Toro e dal suo Ensemble I Gemelli ai Concerts d’Automne.

Madina, una vicenda di conflitti esasperanti di cui ancora oggi -e chissà ancora per quanto- siamo  direttamente o indirettamente protagonisti e spettatori.

Di citazioni d’arte, infatti, è pieno zeppo questo allestimento, che inscena una cena come se fosse l’ultima di Leonardo, o quella di Jesus Christ Superstar e, per la guerra si affida all’iconica immagine della Libertà che guida il popolo di Delacroix.

Di questa sofisticata profondità e complessità creativa ha reso assai bene conto Giancarlo Andretta nel guidare l’esecuzione del Don Pasquale che ha chiuso a Bassano la quarantunesima edizione di OperaEstate.

Grande dunque l’emozione di ritrovare a Roma grazie al nuovo direttore ospite l’anima musicale boema, con lo slancio romantico e la dissolvenza, l’anelito alla costruzione […]

In “Visions”, recentemente pubblicato da Da Vinci Classics, la pianista e compositrice Maria Gabriella Mariani nobilita l’eclettismo, qui inteso come compenetrazione di forme apparentemente non connesse ma al contrario intrinsecamente legate, a livelli di assoluta perfezione.

Il Festival della Piana del Cavailere si conferma come una delle iniziative più innovative nel panorama musicale italiano.

E invece è proprio il contrario. Triola, con grande eleganza, ha cercato di portare sul palco il Giappone dei samurai e delle Geishe,

Programma di assoluto e non ripetitivo fascino, dunque, per un appuntamento – il penultimo del festival – che aveva anche un altro motivo di particolare interesse, il debutto veronese dei suoi principali protagonisti, il direttore inglese Alpesh Chauhan, fresco di debutto con la storica orchestra romana, e il violoncellista spagnolo Pablo Ferrández.

Damiano Michieletto – e con lui quel genio della scenografia che è Paolo Fantin, Agostino Cavalca costumista grand-seigneur e il mago delle luci Alessandro Carletti – offre una visione del Rigoletto tutta incentrata sull’intimità dei sentimenti che da particolari diventano universali abbracciando totalmente la poetica verdiana.

Il settanquattresimo Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza riceve molto più che idealmente il testimone dalla rassegna precedente scegliendo di inaugurare– intuizione felice del regista e direttore artistico Gianluca Marinelli – con un lavoro a legare il Nostos, ovvero il Viaggio di Ritorno, alla Nemesi, ossia la Vendetta in ognuna delle sue declinazioni.

Il canto di Filippo Mineccia è particolarmente teso e ricco di slanci, in continua ricerca espressiva anche nei passi virtuosistici, retaggio del precedente periodo Barocco.